
Vanna Galli, presidente di Quavio
Siena, 3 marzo 2018 - Parte da Siena una novità ‘contagiosa’ da estendere magari a tutta la Toscana replicando (e adattando alla nostra realtà) la rete di cure palliative della provincia di Bologna, delineata dalla direttrice, Danila Valenti, che è anche membro del cda dell’Associazione europea in materia. Ad aprire il dibattito (da cui scaturirà un documento propositivo per la Regione) l’Associazione Noi di David Chiti, in collaborazione con Quavio che, grazie a Vanna Galli, già opera a fianco dell’Unità di Cure palliative di Siena. “Permetterà di ottimizzare il lavoro e portarci ai livelli di qualità che la città merita”, sottolineano gli organizzatori dell’evento nella Sala delle Lupe dove si è fatto il punto su quelle che ormai hanno perso la connotazione di cure ‘inutili’, finalizzate piuttosto a raggiungere la migliore qualità di vita possibile per la persona malata e per i suoi cari anche quando in una famiglia arriva una malattia inguaribile. Oncologica, cardiologica o neurologica che sia.
Il modello delineato da Valenti dà risposte ai bisogni, sempre più spesso sanitari e sociali, nella fase in cui il paziente è più fragile. Ha perciò destato interesse fra gli operatori presenti al convegno, dall’Asl Toscana Sud Est all’Azienda ospedaliera universitaria, dai medici di famiglia all’Ateneo, dalla Regione al Comune. Alle famiglie che hanno portato la loro testimonianza dolorosa. Quattro i criteri organizzativi grazie ai quali il modello può esplicare massima efficacia. Primo: la rete di cure palliative deve prendersi cura del paziente e della famiglia precocemente, non solo negli ultimi giorni di vita del malato. Serve tempo per creare e consolidare rapporti di fiducia che soli consentono piena condivisione degli obiettivi di cura. E ancora. La rete deve erogare prestazioni in diversi setting assistenziali, preferibilmente a domicilio ma anche in ambulatori negli ospedali e in strutture, gli hospice, dove sia possibile ricreare un ambiente il più simile possibile a quello di casa. Per inciso, il progetto di un hospice grande e con un numero di posti adeguato rispetto a quello presente dentro al Campansi, sarà realizzato dall’Asl in città. Ha già ottenuto in finanziamento di 5 milioni di euro.
Per far funzionare il servizio occorre, inoltre, una centrale operativa attiva 24 ore su 24 che assicuri una risposta efficace e continua. Che non lasci mai il malato e i suoi cari soli con i problemi, costretti in caso di necessità (vedi il fine settimana) a ricorrere a 118 e pronto soccorso. L’ultimo ingrediente si chiama cultura delle cure palliative, da diffondere fra i medici di famiglia con formazione continua di tutto il personale dedicato.
Fantasanità? Neppure per sogno. In provincia di Bologna, è emerso nel convegno dell’Associazione Noi e Quavio, c’è stata una riduzione dei ricoveri ospedalieri nell’ultimo mese di vita e la mortalità nei nosocomi delle persone seguite dalle cure palliative è passata dal 42% all’11%. “E’ uno dei pochi casi in sanità – sottolineano gli organizzatori dell’iniziativa – dove ad una maggiore qualità dell’assistenza con una più appropriata risposta ai bisogni corrisponde un utilizzo di risorse meno costose”.