REDAZIONE SIENA

Pakistani, il Tar gli dà ragione. Chiedevano di andare in un Cas. Uno attendeva risposta da maggio

Adesso la prefettura dovrà adottare un provvedimento sulle istanze dei ricorrenti. Nominato un commissario ad acta. L’avvocato Lombardi: "Una decina di casi pendenti".

Adesso la prefettura dovrà adottare un provvedimento sulle istanze dei ricorrenti. Nominato un commissario ad acta. L’avvocato Lombardi: "Una decina di casi pendenti".

Adesso la prefettura dovrà adottare un provvedimento sulle istanze dei ricorrenti. Nominato un commissario ad acta. L’avvocato Lombardi: "Una decina di casi pendenti".

C’è l’accoglienza nei Centri, attivati dalla prefettura e sparsi in diversi comuni della nostra provincia. Ma non in tutti. C’è la mano tesa della Caritas, che ha svolto un lavoro immane per i tanti migranti in attesa delle pratiche per la richiesta di asilo. E ci sono le mani di numerosi volontari che, ormai da qualche anno, si spendono per rendere meno difficile la vita di chi è senza un tetto (nella foto i pakistani quando stavano al posteggio Il Duomo). La ’questione immigrazione’ però si svolge non solo sul piano dell’ospitalità e delle braccia aperte nei confronti di chi ha fatto migliaia di chilometri e vissuto magari orrori prima di arrivare a Siena. C’è anche una partita legale per l’accoglienza. Che proprio negli ultimi giorni, come conferma l’avvocato Danilo Lombardi che di questo si occupa da lungo tempo, si è arricchita di un pronunciamento del tribunale amministrativo regionale (seconda sezione). Alcuni pakistani, del gruppo che attualmente si trova alla Caritas in via Mascagni conferma il legale, avevano presentato attraverso di lui un ricorso perché le loro istanze di inserimento erano cadute nel vuoto, non ottenendo alcuna risposta da parte della prefettura. Per un migrante, che attendeva un posto nel Cas da marzo 2024, è cessata la materia del contendere poiché a dicembre ce l’ha fatta. Per altri quattro, tutti assistiti dall’avvocato Lombardi, il tribunale amministrativo ha accolto i ricorsi sottolineando il "perdurante silenzio della pubblica amministrazione a fronte della richiesta istruttoria". Di qui, secondo i giudici, l’obbligo di "adottare un provvedimento espresso sulle istanze dei ricorrenti". Assegnando un termine di 45 giorni per provvedere. Viene nominato, nel caso che il silenzio perduri, come commissario ad acta il capo del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione presso il ministero dell’Interno. Che ha la facoltà di delegare ad un altro soggetto munito delle necessarie competenze, assegnando al commissario l’eventuale ulteriore termine di 45 giorni per provvedere. La decisione del Tar è del 22 gennaio scorso, con sentenza pubblicata il 24. Il 27 è stata comunicata la nomina del commissario ad acta che, sembra di capire, interviene solo nel caso che la pubblica amministrazione non risponda ai quattro pakistani. Adottando, come detto un provvedimento a seguito delle loro richieste. "Ce ne sono almeno un’altra decina di casi simili pendenti, in attesa del pronunciamento del Tar", conclude l’avvocato Lombardi. Laura Valdesi