REDAZIONE SIENA

Più volti, stessa medaglia!

Le esperienze di chi ce l’ha fatta nel mondo dello sport, tra pregiudizi e coraggio da vendere

Quanti tipi di pregiudizi ci sono nello sport? Ne abbiamo continuamente sentito parlare. Sono sempre successi questi atti, in vari modi: giudizi sulle caratteristiche fisiche, sul colore della pelle, differenze di genere. Anche le persone più famose hanno vissuto un passato pieno di pregiudizi, uno di queste persone è Lionel Messi. Leo da piccolo, come molti altri, veniva bullizzato, lo chiamavano ‘la pulce’ solo perché non era molto alto. Ci sono stati anche casi di razzismo, ad esempio Jackie Robinson, il primo giocatore di colore nel baseball. Egli ha raccontato di aver ricevuto, oltre ai molti insulti dei tifosi, anche molteplici minacce di morte. Invece di rispondere, proseguì la sua carriera. Un altro esempio è Michael Jordan. Tante persone pensavano che avesse un problema con il gioco d’azzardo. Dopo innumerevoli accuse, fece una conferenza stampa in cui pronunciò un discorso nel quale smentì tutto quello che si diceva su di lui e dimostrò che persona era veramente. Però, nello sport, non ci sono stati solo momenti di divisione e critica feroce, ma anche atti di forza da parte di singoli atleti che hanno lottato per far arrivare un messaggio: andare oltre certe barriere. Possiamo parlare ad esempio della ginnasta Sarah Voss. Ella si presentò alle Olimpiadi con un body a gamba lunga, che la faceva sentire a suo agio. Fece questo come simbolo di protesta contro il tradizionale abbigliamento, che considerava svilente e imbarazzante per un’atleta. Queste esperienze ci hanno dimostrato che con la forza personale si può risolvere tutto, ma anche con quella di squadra e con il valore mostrato in campo. Parliamo di storie a noi vicine. Questa è la storia di G., che ha subito molti pregiudizi soprattutto dal punto di vista fisico, perché lui non è altissimo. Andava a pallanuoto con l’ansia perché sapeva già che quel giorno negli spogliatoi lo avrebbero insultato. Voleva smettere, però si ricordò la promessa che aveva fatto alla nonna ed è grazie a lei se adesso continua questo sport, dimostrando che non bisogna mollare, perché chi è più robusto non vuol dire che sia più forte. Questa è la storia di M., che scoprì che la sua magrezza, per cui era stato additato a basket dai compagni di squadra, era il suo punto di forza nello sport che pratica adesso, la pallavolo. Questa invece è la storia di S., che per tanto tempo è stata giudicata perché praticava uno sport considerato da molti esclusivamente maschile, il calcio, ma che invece le ha permesso di realizzarsi per le sue doti di agilità e destrezza. Tramite le esperienze di grandi atleti e nostre, di piccoli atleti, abbiamo riflettuto che lo sport presenta due volti nella stessa medaglia, uno è oscuro e uno è alla luce. Bisogna passare in mezzo alle ombre per brillare.