Siena, 1 aprile 2023 – “Non c’è nulla di male nell’ammettere ’di aver copiato il dolore’, non c’è nulla di male nel non dirlo". La risposta del calciatore del Genoa, Manolo Portanova, condannato in primo grado con l’accusa di violenza sessuale di gruppo insieme allo zio Alessio Langella ai danni di una 22enne, è arrivata ieri dal suo profilo Instagram. Un post per replicare alla lettera della giovane pubblicata ieri da La Nazione, dove la ragazza chiedeva che le luci del ‘tribunale mediatico e sociale’ si spegnessero, intendendo "rispondere a una conferenza stampa da poco tenuta (quella di Portanova lo scorso 10 marzo ndr ) e a chi potrebbe credere più alle parole di qualcuno rispetto all’esito di un primo grado di giudizio".
Nel suo intervento, consultabile in forma integrale su www.lanazione.it/siena, la giovane si è anche difesa dalle accuse di aver ’copiato’ alcuni passaggi della lettera inviata alla psicologa e poi finita agli atti del processo, da quella di una statunitense che nel 2015 aveva subito una violenza sessuale negli Usa. "In quella ragazza - ha scritto la 22enne - ho rivisto me stessa, la stessa notte di buio, lo stesso dolore e ho voluto riportarlo all’interno di un mio scritto quando ancora non trovavo parole mie per esprime l’orrore". Ed è su questo punto che il post di Portanova insiste.
“Questa mattina (ieri ndr ) ho avuto modo di leggere una lettera firmata dalla controparte. Ammesso e concesso - scrive Portanova su Instagram - che il dolore di una persona possa essere similare a quello di un’altra tanto da ‘prenderne in prestito le parole ai fini di una deposizione’ non riesco a comprendere il motivo per cui non si è mai fatto cenno alla vicenda della ragazza americana fin quando il mio legale, attraverso un lavoro scrupoloso e attento, ha smascherato questa abile opera di copiatura. Ciò detto, mi sorgono dei dubbi, anche legittimi: se non si fosse effettuato un lavoro così accurato si sarebbe mai pervenuti ad associare la versione con quella della reale vittima americana?". Nel suo post Portanova pubblica alcune immagini della lettera inviata dalla 22enne alla psicologa, con le parti copiate sottolineate. Gli scatti pubblicati da Portanova erano già finiti agli atti e forniti al gup dai legali durante il processo in rito abbreviato, al termine del quale è stata emessa la sentenza di condanna a sei anni.
"Hanno usato tanti nomi per tutelarti - conclude Portanova rivolgendosi alla 22enne - ma le tue storie sui social son sembrate subito esplicite, non per il like, non per le condivisioni, semplicemente perché in un momento come questo la tua priorità è stata quella di farti dei selfie inquadrando il bracciale dell’ospedale e associandolo ai giornali che scrivevano il mio nome. È tutto normale chiunque avesse voluto evitare la mediaticità si sarebbe comportato esattamente così".