I dati sono ancora positivi e confortanti, ma sarebbe bene alzare la testa e provare a guardare oltre l’orizzonte per evitare bruschi risvegli. Mauro Rosati, direttore di Qualivita, analizza in chiave senese i numeri della Dop Economy all’indomani della presentazione del rapporto con Ismea. La filiera delle produzioni Dop e Igp in Toscana nel 2023 ha registrato un lieve calo, ma in cinque anni la crescita resta del 14 per cento. E l’impatto economico sulla provincia di Siena è valutato in 648 milioni di euro, di gran lunga il più alto della Toscana: due volte e mezzo Firenze, che è seconda, cinque volte Grosseto che è terzo. Merito soprattutto del vino, con le sue storiche denominazioni. "Questo comparto è sempre emerso e continuerà a emergere – afferma Rosati – ma è attraversato da criticità evidenti che bisogna saper cogliere. Oltre a questo, abbiamo filiere agricole importanti che dovrebbero fare un passo avanti e invece stentano a uscire dalle produzioni di nicchia o comunque ridotte".
Partiamo dal vino, quali sono i problemi in vista?
"Il calo di consumi è costante. Soprattutto tra i giovani stanno emergendo gusti diversi, a partire dalle bollicine. C’è poi il tema del rapporto con la salute, che viene rilanciato sui canali di comunicazione globali".
Pensa al vino dealcolato?
"A Vinitaly sembravano aver alzato le barricate contro questa proposta. Poi mi sembra che le sensibilità siano cambiate. Credo che sarà una prospettiva con cui sarà inevitabile confrontarsi, se il mercato andrà in quella direzione, strutturando aziende più dinamiche e che vadano oltre la leva del territorio".
E il fronte dazi Usa?
"Quello riguarderà l’intero comparto agricolo nazionale, tutti dovranno farci i conti".
Diceva che ci sono filiere di qualità poco utilizzate, a cosa si riferisce?
"Per esempio l’olio: sarà un settore trainante, ma bisogna investire con logica imprenditoriale, non considerarlo come un prodotto aggiuntivo rispetto al vino. E poi penso a esempi come la castagnicoltura dell’Amiata, che pur avendo una Igp non è mai diventata davvero redditizia. E, ancora, a valorizzare la cinta senese o rilanciare la chianina, con logiche di impresa".
Cosa manca secondo lei?
"Uscire dall’idea del prodotto di folclore e pensare a quelli che fanno economia. E per fare ciò le imprese devono trasformarsi, saper stare sui mercati, capire che i consumi cambiano rapidamente. Le piccole aziende si salvano con il turismo, ma quelle grandi devono riuscire a stare nei mercati globali con innovazione continua".