REDAZIONE SIENA

Quattro medaglie d’onore. Storie, commozione, lacrime: "Mai raccontati gli orrori"

I familiari di Santangelo, Dominici, Insaccanebbia e Strazza ieri in prefettura. Pirrera: "Grazie per il messaggio di pace e solidarietà che avete portato". .

Un momento della cerimonia di consegna delle quattro medaglie d’onore. conferite dal Capo dello Stato a due senesi, ad un uomo di Torrita e ad uno residente nel comune di Castiglione d’Orcia deportati nei lager e prigionieri di guerra Toccanti gli interventi dei loro familiari

Un momento della cerimonia di consegna delle quattro medaglie d’onore. conferite dal Capo dello Stato a due senesi, ad un uomo di Torrita e ad uno residente nel comune di Castiglione d’Orcia deportati nei lager e prigionieri di guerra Toccanti gli interventi dei loro familiari

di Laura ValdesiSIENA"Una medaglia d’onore conferita dal Capo dello Stato che racchiude orrore ma anche amore". Si emoziona Mauro Dominici, figlio di Ottavio, chiamato alle armi il 20 agosto 1943, assegnato all’83° Reggimento di fanteria a Firenze. Fatto prigioniero dai soldati tedeschi, venne internato in un campo vicino a Lipsia dove fu costretto a lavorare in condizioni disumane, in una miniera di ferro poco distante dal lager. Quattordici ore al giorno, per quasi due anni. Riuscì a tornare dopo un viaggio estenuante mesi dopo, l’11 luglio 1945. "Pesava 40 chili", aggiunge il figlio Mauro auspicando "che questa medaglia non finisca in un cassetto. Parliamone ai figli, ai nipoti, ai giovani, affinché riescano a seminare amore". "Aggiorneremo la lista affissa per commemorare chi è stato deportato, il suo nome non c’era perché nato a Trequanda", gli fa eco il sindaco di Torrita Giacomo Grazi.

Momenti toccanti ieri in prefettura durante la cerimonia di consegna delle medaglie d’onore conferite dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella a cittadini, militari e civili deportati e internati nel lager nazisti e destinati al lavoro forzato per l’economia di guerra, e ai familiari dei deceduti. E’ stato come come riavvolgere il nastro della memoria, nella Giornata per ricordare la Shoah. Racconti in bianconero rimasti indelebili per i parenti degli insigniti. Che hanno riaperto il cassetto del cuore, svelando episodi dei loro cari. Come quello raccontato da Franco Insaccanebbia, figlio di Mario che era stato fatto prigioniero a Udine dalle forze armate tedesche il 9 settembre 1943. Internato in Germania, venne rimpatriato il 2 settembre 1945. Era già stato insignito della Croce al merito di guerra il 24 agosto 1967 a cui si aggiunge adesso quella del presidente della Repubblica. "Ha sempre parlato poco di quel periodo, diceva di aver mangiato bucce di patate. Ma la cosa più bella fu la storia della sorella maggiore crocerossina – spiega il figlio di Insaccanebbia –; girò mezza Germania per trovare mio padre. Quando lui la vide fu un’emozione grandissima. Rischiò la vita per rintracciarlo". "Nel momento in cui una parte dell’umanità si disumanizza – è intervenuta il sindaco di Siena Nicoletta Fabio – restano gli affetti. Gli istinti bestiali devono essere sopraffatti dal bene". Auspicando che il testimone venga passato di generazione in generazione. Per non dimenticare.

Non sono volute mancare alla cerimonia le nipoti di Giuseppe Antonio Strazza, Alessia si commuove, Giulia (video su www.lanazione.it/siena) racconta di quando il nonno si aprì un pochino con lei per la prima volta, su quel periodo tremendo passato in un campo a Berlino, dovendo fare un compito a scuola. Era stato chiamato alle armi nel ’43, subito inviato al fronte in Grecia. Prigioniero dei tedeschi in seguito agli eventi bellici dell’8 settembre di quell’anno, venne portato appunto in un campo a Berlino. Costretto a lavorare in condizioni igienico sanitarie estreme, patendo la fame con la paura costante di venire ucciso. "Onorata della medaglia, ringrazio le istituzioni", dice la figlia Michelina Strazza invitando a non dimenticare gli orrori dell’Olocausto. "Babbo ha parlato tardi anche a noi della sua prigionia : prosegue –, senza odio verso i tedeschi. Nel campo di lavoro si producevano pezzi per le armi, scambiava le sigarette con il pane. Negli ultimi anni della sua vita, dopo la caduta del muro di Berlino, avrebbe voluto tornare in Alexanderplatz da lui vista prima che la bombardassero".

La quarta medaglia d’onore è finita nelle mani del nipote di Giovanni Santangelo, fatto prigioniero dai nazisti il 9 settembre 1943 e inviato a Torgau, lager dove vennero rinchiusi circa 800 soldati italiani assegnati ai distaccamenti di lavoro presso fabbriche, miniere e cantieri ferroviari. Rimase lì fino al 1944, dopo un ricovero in ospedale, fu spostato in un lager e liberato il 5 maggio 1945. "Un uomo che è sempre stato nell’esercito – lo descrive il nipote Carmine Mastroianni –, un militare. Era reticente a parlare. Quel periodo l’ha vissuto come qualcosa di terribile". Accanto a lui il sindaco di Castiglione d’Orcia Luca Rossi.

"Vi nomino testimoni di questi valori", ha concluso il prefetto Matilde Pirrera rivolgendosi ai familiari ringraziandoli per il messaggio di pace e di solidarietà. Ricordando che il Giorno della memoria deve essere "celebrato quotidianamente, non solo per coltivare appunto la memoria di un periodo tragico nella storia del nostro Paese ma anche per far sì che tali eventi non abbiano a ripetersi".