
Quel giorno Frajese incontrò il Palio. Nulla fu come prima per la Festa
Ho sempre ammirato la grande coerenza di Paolo Frajese, il suo stile garbato manca oggi all’informazione, soprattutto a chi l’ha saputo apprezzare nel suo cammino che ha incrociato la storia, con la capacità di affabulatore che non necessita mai di inutili colpi di scena. L’uso della parola è sempre stato il suo modo più diretto, e vero, di incantare il pubblico. Che sia La Domenica Sportiva, condotta senza inutili orpelli del manierismo agonistico solo di facciata, che di programmi a prima vista più semplici, in realtà assai più complicati, come l’apprezzato Apriti Sabato dedicato ai più giovani. Questo rigore di essere più vicino possibile alla divulgazione aperta a tutti ma non con il linguaggio di tutti, lo ha portato nel 1977 ad incontrare il Palio.
Ed è stato un incontro importante per tutti. E’ entrato nel cuore della Festa perché la profondità dell’evento si confaceva al suo modo di raccontare, perché qui ritrovava sentimenti e ragioni persi un po’ ovunque, e soprattutto perché aveva visto, compreso in Rai, prendere il Palio come un evento sportivo risolto con un vincitore e una serie di sconfitti. Eccolo colto da Augusto Mattioli con l’autore di un drappellone, l’artista Massimo Lippi. Nonostante gli impegni, "tiene" la telecronaca del Palio fino al 1993. E cambia l’approccio alla rappresentazione.
Da quel giorno nulla è più uguale ed indietro non si torna: il suo racconto della cronaca del giorno più lungo diventa una sorta di malcelato vangelo. Quando si è voluto ritagliato un elegante approfondimento lo ha fatto con il documentario "Per forza e per amore" (1983): dove protagonista è l’uomo (senese) e i suoi cicli della vita. Si parte, come i contadini lo fanno con il loro campo, dalla terra in piazza e qui si finisce dopo un evocativo viaggio. Tra i primi ad andare oltre il manierato mondo delle bandiere, della lacrima facile, della passione da cartolina. L’eterno mistero del Palio è proprio la sua comprensione: il fatto che qualcuno abbia decifrato il suo linguaggio è quasi un miracolo. Così è diventato più senese dei senesi, talvolta con una difesa anche passionale quanto innocente di quello che aveva apprezzato. Il 9 giugno del 2000 perdiamo tutti un amico.
Come c’è il " giusto fra i giusti", possiamo annoverarlo "senese fra i senesi", per un riconoscimento di chi sapeva ascoltarci e sapeva leggerci. Non attraverso i libri, in quello sono tutti bravi, ma attraverso la gente.
Massimo Biliorsi