Camminando per Via Giulia, se si alza lo sguardo si vede che sulla facciata di una chiesa sono raffigurati Romolo e Remo con la lupa. Poco sotto la Balzana. E’ la Chiesa di Santa Caterina, opera di Baldassare Peruzzi, iniziata nel 1526 e finanziata dalla nobiltà senese. Caduta in rovina anche a causa delle piene del Tevere, l’edificio venne completamente ricostruito su disegno di Paolo Posi tra il 1766 e il 1775, anno in cui fu consacrato il nuovo altare.
Alle due chiese sono legati i nomi di vari membri di nobili famiglie di origine senese, i Chigi, i Borghese, i Sergardi, gli Zondadari, e quelli degli architetti e degli artisti che vi prestarono la loro opera, non solo provenienti dalla città toscana, ma anche romani, ‘forestieri’, stranieri. Insomma, la ’chiesa nazionale’ senese - come ce ne sono tante a Roma, basta scorrere una guida e si trovano i lombardi, i piceni, i fiorentini, i veneziani, i francesi… - che sorge in un’area legata a Siena e alla storia dell’arciconfraternita dei Senesi, a cui ancora oggi l’edificio appartiene. La chiesa - cui ora dedicata una monografia di Grazia Maria Fachechi ’Santa Caterina da Siena di Via Giulia’ ( (ed. L’Erma di Bretschneider) - è giudicata un vero caso di studio perché giunta intatta nel suo stato barocco, oltre che al ricco archivio sulla progettazione.
Dal libro emerge chiaramente che fu nell’insieme un’impresa voluta dai senesi ma determinata anche da stimoli e impulsi provenienti dall’esterno. Importante fu, ad esempio, l’apporto di Urbino: è un’opera di Girolamo Genga che troneggia sull’altare della prima chiesa; è papa Clemente XI Albani a dare l’impulso decisivo per la costruzione di una seconda chiesa, più grande e più bella; è al pittore Gaetano Lapis che viene dato il compito non solo di dirigere il lavoro degli artisti chiamati a magnificare la storia spirituale di Siena ma anche di realizzare le tele da esporre nel punto focale dell’edificio.
La chiesa – dove sono quasi sempre esposte le bandiere delle contrade - e gli ambienti annessi si estendono fino al lato opposto dell’isolato, vicini a piazza Farnese, dove nel 1912 è stata rifatta la facciata a imitazione di quella della casa natale di Caterina, in Fontebranda.