REDAZIONE SIENA

Santa Caterina, la mistica della politica in tv

L’anniversario della morte della ’ribelle di Fontebranda’ celebrato anche su Sky nella serie ’Sacra Bellezza’. Il libro di padre Alfredo

All’anniversario della morte (29 aprile 1380) torna alla ribalta Santa Caterina. Ogni anno la rievocazione della sua vita s’interseca con approfondimenti che tentano di innovare le narrazioni depositate. Una produzione Sky original ne ha fatto oggetto della seconda puntata di una serie intitolata ’Sacra Bellezza. Storie di Santi e reliquie’ e ha incaricato la vispa cantautrice Maria Antonietta (nomignolo di Letizia Cesarini) di far da guida in catacombe e cappelle che conservano reliquie di corpi celebri e venerati. Il dito di Caterina e la testa custodita in San Domenico sono stati usati per un tenebroso spaccato di horror a buon mercato e per dar la parola a Mauro Orletti, che ha ripreso le annotazione di un’esoterizzante ’Guida alle reliquie miracolose d’Italia’. Un’idea da apprezzare l’ha avuta padre Alfredo Scarciglia, che ha dato alle stampe per le edizioni di Toscana oggi un originale volumetto. Invece di compilare un’ennesima devota agiografia ha scomposto la leggenda cateriniana esaminando le motivazioni alla base dei titoli attribuiti alla ribelle di Fontebranda: "Dire Caterina da Siena con dieci titoli".

Ed ecco pagine dotte e divulgative, da leggere con profitto e curiosità. Del resto prodursi oggi in una vita della santa, dopo che è apparsa l’opera di André Vauchez, sicuramente la migliore, sarebbe stata fatica superflua. Anche se le modalità di ricezione di un’esistenza tanto ricca di mistero e meraviglia restano aperte a un’incessante libertà esegetica. L’arcivescovo cardinale Augusto Paolo Lojudice sostiene nella prefazione che è "nel misticismo della Santa, con la sua attività visionaria, che si trova la chiave per capire di conseguenza il suo impegno sociale": toccando davvero uno dei tratti che più hanno posto domande a chi si è occupato della giovane senese.

Che Caterina sia onorata nella ’pietas’ popolare e nella considerazione della Chiesa cattolica qualificandola con un tal grappolo di titoli evidenzia la difficoltà a raffigurarla in un’icona unidirezionale. Di volta in volta la si è etichettata come contemplativa, apostola, martire, sposa, madre, maestra, patrona d’Italia, dottore della Chiesa universale, mistica della politica, infine patrona d’Europa. Padre Alfredo passa in rassegna questa sequela di litanie e per ognuna offre acuti commenti. Taluni attributi non coinvolgono atti solenni, altri sono comprensibili se rapportati a contingenti atmosfere politiche, gli ultimi soprattutto allargano l’orizzonte incardinando Caterina in scenari fino a ieri impensabili. Se la proclamazione a copatrona d’Italia risentiva di un uso bellicoso e nazionalistico di timbro neoguelfo, averla elevata a Dottore della Chiesa universale, a detentrice di una coerente "infusa" dottrina, fu una svolta sensibile: una valorizzazione che ne esaltava la lotta per una radicale la riforma della Chiesa nella temperie post-conciliare. Ma il titolo su cui desidero indugiare perché tra i più intriganti è quello che coniò San Giovanni Paolo II: "mistica della politica". Quasi un ossimoro. Come conciliare una vocazione propriamente mistica, il "parlar tacendo" in estatica solitudine, e la furente partecipazione pubblica alle contese di una travagliata età? Forse sarebbe più esatto dire di lei "mistica nella politica". Cioè persona che innestò nell’oscura realtà del mondo quanto le derivava dalla contemplazione e dal dialogo con l’Eterno, non badando a fraintendimenti ambigui, a scontri lontani dalle finalità che le stavano più a cuore. Da battagliera mantellata – non a caso predilesse quest’abito – infranse con impeto "trasgressivo" il limite che separava regole differenti e testimoniò una profetica fede rivoluzionaria. Il suo agiografo per eccellenza, il beato Raimondo, che ha inventato la Caterina dell’immaginazione, la presentò come "una mistica perdutasi nella politica", sollecitata a intervenire a malincuore negli affari temporali. Serba una forza intatta – anche se richiede di essere svolto in modo da coglierne i molteplici significati – l’imperativo dettato nel ’Dialogo’: "Neuno stato si può conservare nella legge civile e nella legge divina in stato di grazia senza la santa giustizia". Le parole di Caterina non vanno mai ascoltate o citate con faciloneria, e neppure il lessico che la incorona è da accogliere semplificandone le risonanze.

Roberto Barzanti