Appalti per l’assistenza ai migranti nella nostra provincia, il processo che vede imputato l’imprenditore Guido Pacchioni sta arrivando alle battute finali. Ieri sono stati ascoltati alcuni testi della difesa, così sarà la prossima udienza ma è già stata fissata a dicembre anche l’ultima in cui verrà pronunciata la sentenza su una vicenda delicata dove i reati sono turbativa d’asta, autoriciclaggio e calunnia. E che ha visto di recente anche la Corte dei Conti disporre un risarcimento nei confronti del palazzo del governo di un milione di euro, anche se Pacchioni ha già annunciato ricorso. Uno dei personaggi chiave, secondo quanto emerso finora dalle udienze, era don Aimè, l’ex parroco di Sassofortino, che ha patteggiato, uscendo di scena. "Qualche volta ho pranzato con lui – dice l’uomo che andava due volte alla settimana al ‘Picchetto’ e si occupava dell’amministrazione –, non so cos’altro faceva. Certo che ho fatto pagamenti al sacerdote". Incalzano i difensori di Pacchioni, Josef Mottillo e Vincenzo Martucci, facendo emergere dalle voci dei testimoni che c’era una convenzione con la parrocchia per l’assistenza ai migranti, mai autorizzata in realtà dalla diocesi di Grosseto. "Non ho mai visto don Aimè interagire con gli ospiti – riferisce un giovane che ha lavorato lì sei mesi –, anzi se qualcuno lo avvicinava restava distaccato". "Ogni tanto veniva ma ovviamente non era sempre presente", riferisce una mediatrice culturale che frequentava la parrocchia di Sassofortino. "Era molto apprezzato come sacerdote. Fu lui – dice – a farmi avvicinare a questa realtà". Anche il giudice Chiara Minerva cerca di approfondire, così fa il pm Silvia Benetti. E già si annuncia, adesso che larga parte del dibattimento si è svolto, un’udienza finale al calor bianco dove non ci saranno sconti per nessuno.
La.Valde.