
Si vota, tutte le vittorie sono uguali Ma ognuno perderà a modo suo
Pino
Di Blasio
LLe risposte sono state simili: tutti hanno replicato che sarebbero tornati a fare quello che facevano prima, rivendicando il coraggio di essersi candidati, assieme al fatto di aver dato tutto in campagna elettorale. Non c’è motivo per dubitare di queste risposte. Ma l’unico verdetto inappellabile che verrà emesso dal primo turno di queste elezioni amministrative, sarà su chi ha perso e non andrà al ballottaggio, proviamo ad analizzare perché ognuno perderà a modo suo. Con effetti diversi per sé e per le liste che lo hanno supportato, assieme ai candidati forti e ai registi più o meno occulti.
Partiamo da chi ha meno speranze di secondo turno. Alessandro Bisogni vorrebbe riportare la sinistra di Siena Popolare in consiglio comunale. Se non ci riuscirà, vorrà dire che quell’area di irriducibili non ha più peso politico in città. Elena Boldrini vorrebbe invece far entrare per la prima volta un consigliere 5 Stelle a Palazzo Pubblico. Se avrà percentuali modeste, confermerà Siena terra ostica ai grillini. Nonostante tra gli elettori ci sia l’ex deputato Luca Migliorino.
Roberto Bozzi vorrebbe entrare in consiglio anche lui. Se non dovesse farcela anticiperebbe da Siena, un’altra volta, il destino inesorabile dei partiti personali come Azione. Il divorzio tra Renzi e Calenda era scontato come quelli tra Liz Taylor e Richard Burton, o tra Emma Thompson e Kenneth Branagh. Due ego non fanno mai noi.
Emanuele Montomoli è stato protagonista di una campagna effervescente. Ha detto che, se dovesse perdere, tornerà a fare l’imprenditore e il docente universitario. Oltre a battersi, da consigliere, sulle questioni che gli stanno a cuore come il Biotecnopolo. La sua sconfitta sarà misurata da quanti consiglieri eleggerà. Considerando che chi resta fuori dal ballottaggio, dovrà dividersi le briciole di 11 seggi che spettano alle sette coalizioni sconfitte, e che la maggior parte degli 11 andranno al secondo arrivato.
Massimo Castagnini è il solo che non si è sbilanciato sul ballottaggio. Rimandando il giudizio all’esito del primo turno. Tutti i candidati hanno dichiarato che non si apparenteranno: fa perdere consiglieri oltre alle elezioni, come ha dimostrato il 2018. Ma ci possono essere cripto-apparentamenti, come 5 anni fa, con Massimo Sportelli che entrò in giunta, anche se per poco. Castagnini potrebbe volere lo stesso schema. Se non riuscirà ad applicarlo, calerà il sipario su 5 anni di giunta De Mossi, dolci tipici compresi.
Se Fabio Pacciani non andrà al ballottaggio, sarà sconfitta la strategia di un’ampia coalizione civica, extrapartiti, con 196 candidati schierati dietro l’aspirante sindaco. Ognuno con la sua dote di voti. In caso di stop al primo turno, conquistare tre o quattro consiglieri non riuscirà a tenere coesa la coalizione. E finirà la quarantennale stagione politica del dominus, presunto o reale, del Polo Civico Siena.
Se Nicoletta Fabio non andasse al ballottaggio, per il centrodestra sarebbe una sconfitta pesante. In particolare per chi si è speso più di tutti per trovare candidati alternativi a De Mossi. L’onorevole Francesco Michelotti ha portato a Siena tutti i ministri, ha fatto da anfitrione anche per quelli degli alleati, Tajani e Salvini a parte. Le promesse per Siena sono allettanti, Nicoletta Fabio ha garantito che vigilerà che vengano rispettate anche da consigliera comunale.
Se Anna Ferretti non andasse al ballottaggio, il Pd diventerebbe il partito della provincia, sarebbe ’bandito’ per altri 5 anni, almeno, dalla guida della città. E anche chi guida altre istituzioni, cambierebbe referenti. Tutto quello che resta della vecchia guardia andrebbe in soffitta, forse anche se vince. Elly Schlein l’ha capito al Tartarugone: ha molte meno chance di vincere a Pisa, nonostante i 5Stelle, che a Siena. E’ folgorante la battuta di Massimo Roncucci, segretario Pd: "Se si perde scappo, se si vince vado via".