Siena, 80 anni dalla Liberazione. Nel ’44 l’eccidio di Montemaggio

Ricordiamo la gioia della liberazione ma anche il sacrificio di chi ha lottato per la libertà. ISTITUTO COMPRENSIVO 2 ’A. DI CAMBIO’ - COLLE VAL D’ELSA .

Nel 2024 ricorre l’ottantesimo anniversario della liberazione di diverse città della Toscana, un’importante occasione per ricordare cosa è accaduto durante la seconda guerra mondiale e per riflettere sul sacrificio di chi ha lottato per la libertà comune.

Nel 1944 gli Alleati, dopo aver sfondato la linea Gustav che passava per Cassino, riuscirono a respingere i Tedeschi verso nord fino alla linea Gotica, tra Toscana ed Emilia Romagna. Così furono liberate Siena e altre città.

La mattina del 3 luglio del 1944 i Tedeschi lasciarono la città di Siena, uscendo da Porta Camollia, e i Francesi entrarono attraverso Porta San Marco. Il generale dei Francesi, Joseph de Goislard de Monsabert, era un ammiratore di Siena e in particolare dell’arte gotica, così dette ai suoi soldati l’ordine “tirate dove volete, ma io vi proibisco di tirare al di là del XVIII secolo”, per salvaguardare le bellezze della città. Oggi a Porta San Marco una lastra in pietra riporta le parole del generale francese in ricordo della Liberazione. Il 14 luglio 1944, in occasione della festa nazionale francese, venne organizzata una parata in Piazza del Campo. Intanto il 7 luglio era stata liberata Colle di Val d’Elsa, il 18 luglio Poggibonsi e l’11 agosto avvenne la liberazione di Firenze.

Quest’anno, però, ricorre anche l’ottantesimo anniversario di avvenimenti terribili, che precedettero la Liberazione. Tra questi uno dei più tragici del nostro territorio fu sicuramente l’eccidio di Montemaggio. Il 28 marzo del 1944 un gruppo di partigiani, rifugiati a Casa Giubileo, subì un attacco da parte dei fascisti. I partigiani cercarono di difendersi sostenendo lo scontro a fuoco, poi, a corto di munizioni, furono costretti ad arrendersi in cambio della promessa di aver salva la vita.

Alcuni partigiani riuscirono a fuggire nel bosco, due furono uccisi sul posto e gli altri diciotto furono catturati e portati nella zona della Porcareccia. Qui furono schierati davanti a un muro ed ebbe inizio la fucilazione. Uno dei partigiani, Vittorio Meoni, che si trovava in una posizione più favorevole alla fuga, riuscì a scappare gettandosi nel bosco. Fu colpito da un proiettile, rimanendo ferito, ma riuscì a sopravvivere raggiungendo una casa di contadini, che gli dettero aiuto.

Vittorio Meoni non è più tra noi, ma è possibile leggere i suoi scritti e ascoltare la sua testimonianza. Consigliamo la visione del documentario di Sergio Micheli "Ai piedi del sorbo", per ricostruire l’accaduto e riflettere sulla Resistenza.