Al termine dell’incidente probatorio sul presunto stupro di gruppo, l’avvocato Gabriele Bordoni, che assiste il calciatore Manolo Portanova (imputato assieme allo zio Alessio Langella e all’amico Alessandro Cappiello), ha preferito non rilasciare dichiarazioni. Poi, a mente più fredda, ha commentato l’udienza ’particolare’, con la ragazza, la studentessa universitaria di 21 anni, ascoltata per 7 ore, in forma semi protetta. "L’audizione della ragazza - è il commento dell’avvocato Bordoni - conferma l’idea che mi sono sempre fatto su questa storia. Il 16 settembre si decideranno i riti di giudizio, consiglierò al mio assistito, Manolo Portanova, di optare per l’abbreviato. Prima avrò momenti di confronto con lui, per spiegargli i motivi di questa scelta. E anche se gli altri imputati non accettassero l’abbreviato, io resterei della mia idea. L’8 novembre chiederei al giudice di ascoltare un testimone che fornirà altri dettagli".
Sette lunghe ore. E’ il tempo che la presunta vittima della violenza sessuale di gruppo, ha trascorso in una stanza isolata per rivivere cosa accadde quella sera. Ricordi riaffiorati nel rispondere alle domande del Gip Ilaria Cornetti, del pm Nicola Marini, del legale difensore, e degli avvocati di Portanova e degli altri due giovani. Nella prima ora la ventenne avrebbe ricostruito la vicenda rispondendo ai quesiti del magistrato che l’aveva già sentita tre volte. Poi è stata la volta dell’avvocato Jacopo Meini e dei legali delle parti civili. Mezz’ora di pausa, per poi rituffarsi in quegli attimi, in quei ricordi mai sopiti ma difficili da raccontare. Soprattutto se a farli riaffiorare sono i legali degli accusati che più volte avrebbero tentato di farla ’inciampare’ nel racconto della notte tra il 30 e il 31 maggio di un anno fa. Oltre tre ore e mezzo, la parte più impegnativa dell’interrogatorio.
Ma lei ha risposto a tutto, nonostante i legali avessero provato a trovare cavilli, facendole notare che non avrebbe denunciato subito i fatti e che alle amiche avrebbe raccontato la vicenda e chiesto aiuto solamente dopo molte ore.
Sotto l’incalzare delle domande la studentessa avrebbe anche pianto ma "ha sopportato la pressione, è stato un interrogatorio pesante, lunghissimo, ma è andata bene". Non ha dubbi Claudia Bini, avvocato dell’associazione Donna Chiama Donna, lasciando il tribunale. "E’ una ragazza molto credibile e questa credibilità è emersa anche oggi" ha aggiunto la legale.
Al termine dell’incidente probatorio che è servito a cristallizzare le dichiarazioni della giovane, è stata proprio l’avvocato Bini insieme ad un’altra ragazza, probabilmente un’amica, ad accompagnare la giovane fuori dal tribunale, lontano dalle telecamere. E’ uscita con gli occhiali da sole, con passo deciso, restando vicina all’associazione che la sta aiutando a riprendersi in mano la vita. "E’ stata bravissima, adesso speriamo che possa lasciarsi questa vicenda alle spalle – ha concluso Bini - e riprendere a vivere con più respiro".
"Ieri ho detto alla mia assistita di venire qui e raccontare semplicemente i fatti e così è andata - ha aggiunto l’avvocato Jacopo Meini -. Lei ha raccontato la sua vicenda personale. Ha risposto a tutte le domande – ha ribadito Meini – e ha detto tutta la verità. Quando una persona parla del suo vissuto, racconta tutto con estrema precisione, e così è stato. L’ansia di entrare in tribunale c’era. Ma per una ragazza di vent’anni non poteva essere altrimenti, però io gli ho detto di venire qui e dire la verità".
Simona Sassetti