Pienza, 27 febbraio 2023 - Un dossier di 12 pagine in cui vengono ripercorsi i fatti "corroborati da prove incontestabili e confermati da numerose testimonianze" che prende la difesa delle 13 suore del monastero di Pienza, al centro dal 13 febbraio di un braccio di ferro fra il Vaticano che ha revocato il titolo di madre superiora a suor Diletta Forti, badessa delle suore benedettine, e le monache. È quello recapitato e firmato ieri da Carlo Maria Viganò, arcivescovo titolare di Ulpiana (in Kosovo) e già al centro nel 2011 del caso ’Vatileaks’ con le sue missive indirizzate al cardinal Bertone. Il dossier si articola in due parti e, al momento, soltanto la prima è stata resa nota alla stampa. Nelle 12 pagine l’arcivescovo premette di avere "conoscenza diretta e personale della badessa delle monache benedettine, a nome delle quali intendo parlare".
All’interno sono presenti pesanti accuse, a suo dire documentate, con le quali l’arcivescovo ripercorre la storia delle 13 monache dal 2013 quando le sorelle furono inviate a costituire una nuova formazione benedettina in Olanda fino al 2017 quando, dopo il ritorno nel monastero di Pontano, lesionato dal terremoto furono accolte a Pienza. Il dossier dimostra come il caso delle suore ribelli di Pienza sia diventato il centro di gravità intorno a cui ruotano e si scontrano due idee di chiesa: da una parte quella contraria (sostenuta da Carlo Maria Viganò) al Motu proprio di Papa Bergoglio che riorganizza la gestione dei beni della Chiesa, avocando alla Santa Sede la proprietà dei beni ecclesiastici. Dall’altra quella favorevole a Papa Francesco al fianco del quale, in questa partita, sarebbero schierati Diocesi e parte del Vaticano. Almeno secondo la lettura di Viganò.
Ma in estrema sintesi quali sono i contenuti del dossier? Al centro dei provvedimenti verso le suore, secondo la ricostruzione dell’arcivescovo, ci sarebbe l’ex seminario con vista mozzafiato sulla Valdorcia eretto poi nel 2019 a monastero di monache benedettine dall’ex arcivescovo Stefano Manetti nella diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza. Qui arriva la prima accusa di Viganò che motiva la scelta di sostituire la badessa come "pretestuosità delle azioni disciplinari nei riguardi delle Monache, finalizzate banalmente ad un’operazione finanziaria, sulla falsariga del Monastero di Ravello sulla Costiera amalfitana. D’altra parte, una struttura collocata su un poggio che sovrasta l’incantevole Val d’Orcia rappresenta – scrive – una succulenta opportunità di profitto per le casse della Diocesi e della Santa Sede". Viganò ripercorre poi gli avvenimenti che precedono la visita apostolica del Vaticano alle suore, a seguito della quale, è arrivata la revoca del titolo a suor Diletta Forti.
«Il 2 novembre 2022, con un giorno di anticipo rispetto alla data prefissata - scrive - la Badessa di Pienza scopre che" i due autori della visita apostolica inviati dal Vaticano "sarebbero arrivati a sorpresa e con chiare intenzioni intimidatorie". Da qui una delle accuse più pesanti di tutto il dossier. "I due visitatori, secondo metodi ben collaudati, agiscono con spregiudicatezza, avvalendosi della doppiezza e della menzogna. Durante gli interrogatori delle religiose – scrive– tentano con ogni espediente di logorare psicologicamente le suore, di fomentare divisioni e di approfittarne per distruggere il tessuto della comunità oltre che l’equilibrio psicofisico e la serenità delle monache". Parole gravi ed, è bene precisarlo, tutte da dimostrare, che si basano solo sulla ricostruzione delle monache, tramite la voce di Viganò. La sua tesi è riassunta poco dopo: "Domande intimidatorie, in cui si comprende non solo la prevenzione dei visitatori, ma anche il loro scopo ultimo: avere un pretesto per chiudere il Monastero e riappropriarsi dell’immobile".
La visita si concluderà il 5 novembre ed è in questa occasione che sarebbero anche state scattate foto ai prodotti (come candele e marmellate) che le monache producevano in cambio di una donazione. Viganò fa anche riferimento all’uso del ’braccio secolare’ da parte della Chiesa. Cioè? I carabinieri che, il 17 febbraio, in presenza di altre cariche della Diocesi avrebbero fatto ingresso nel monastero. Il 19 febbraio l’epilogo che ha reso noto a tutti la ribellione delle suore con l’invio del comunicato della Diocesi che invitava "a non sostenere economicamente il monastero". Da lì la rivolta delle suore, la diffida della Diocesi e la controreplica delle monache . Sul cui monastero restano molti segreti, primo fra tutti: i motiviche hanno portato il vaticano a destituire la badessa. "Nella seconda parte (del dossier ndr ) – conclude Viganò – vedremo come questi provvedimenti siano illegittimi".