
La poliedricità di certi personaggi a volte ci manda fuori strada, disorientati da quello che hanno fatto per il loro pubblico. Quale migliore foto può oggi ricordarci Bruno Tanganelli, ovvero Bubi e ovvero Tambus, in mezzo ai bambini mentre racconta. . Tanti personaggi in uno solo, sempre pronto all’esaltazione, anche fino al paradosso. Il suo ricordo si intreccia ad una città che, anche al suo tempo, non c’era più, immaginata nei racconti, nei disegni, nelle più diverse divagazioni. Il Tambus che preferiamo, e dove è stato un precursore, è quello con la sua matita, con un tratto inconfondibile. E poi fare ironia in questa città è tutt’altro che facile. Lo ricordiamo fondatore della rivista Il Mangia, ma anche organizzatore di mostre dove i primi disegnatori satirici del dopoguerra hanno partecipato, per poi magari diventare famosi in tutto il mondo.
Dalla sua "bottega", mai termine può essere più azzeccato, in Fontebranda ha fatto vivere tanti personaggi, tanti nostalgici senesi inventati dalla sua sagacia, che sapevano prendersi beffa, sempre con garbo ed ironia, di tanti potenti del tempo, anche di quei difetti a cui gli stessi senesi sono inevitabilmente legati. E poi i cortei delle Contrade vittoriose, con una riconoscibile cartellonistica, i Numeri Unici non solo della sua Giraffa, sempre pronto alla battuta, allo sconvolgimento dei ruoli, alla sottile denigrazione degli sconfitti. Cosa che oggi appare impensabile, come se il gioco si fosse fatto troppo serio. Bruno Tanganelli era nato in via delle Vergini nel 1922, dopo tante vicissitudini, guerra e prigionia, ritorno non certo facile, ha saputo poi essere semplicemente se stesso. Lo ha fatto sempre dentro le mura cittadine, guardando al mondo da questo sicuro rifugio, attorniato dai suoi personaggi. E sempre nella Giraffa, nel 1990, dopo aver dato tutto per i festeggiamenti della vittoria, si è congedato dal suo pubblico.
C’è una lunga bibliografia che lo riguarda: ai giovani che vogliono conoscerlo, consigliamo la striscia del 1 luglio 1955 sul Giornale del Mattino intitolata "Le dieci al canape del 2 luglio", dove cuore e sintesi ne fanno un segno originale e pieno di passione, ma soprattutto ben comprensibile anche a tutti coloro che conoscono poco e niente del Palio. Per un personaggio totale come lui, non ci sono giudizi a mezza strada: o con lui o lontani dal suo essere. Una coerenza che gli faceva credere in ciò che diceva e fare quello in cui credeva.
Massimo Biliorsi