di Laura Valdesi
SIENA
Dieci condanne per concorso in tortura. A chiederle è stato il pm Valentina Magnini, declinando in quasi tre ore il comportamento degli agenti della penitenziaria che quell’11 ottobre 2018 presero parte a una sorta di spedizione punitiva, questa la convinzione della procura, nei confronti di un detenuto tunisino dentro per droga e una serie di furti. Tuttihanno optato per il rito abbreviato: per otto il pm ha chiesto la condanna a 3 anni, per un assistente capo (l’unico difeso dall’avvocato Stefano Cipriani, gli altri vengono assistiti da Manfredi Biotti) a 2 anni, per un agente scelto ad un anno e 10 mesi.
Nell’aula al piano terra di palazzo di giustizia non è stato visto l’intero video, che dura un’ora e 50 minuti, ma ampi spezzoni. Quelli che, secondo l’accusa, consentivano di confortare la tesi del concorso nell’aggressione al carcerato insieme ai cinque colleghi per cui il 18 maggio inizia il processo per tortura, il primo nel quale viene contestato tale reato a pubblici ufficiali da quando è stato introdotto nel 2017. "Il mio assistito era presente all’udienza, quando scorrevano le immagini salienti dove si vede che si dirigono verso la cella per prenderlo. Oltre alle azioni, alle botte, emerge l’animosità e l’aggressività – spiega l’avvocato Raffaella Nardone che ieri ha parlato come parte civile –; visionato anche il filmato della telecamera che punta sulla nuova cella, numero 19. Scene a dir poco sconcertanti da parte di persone che indossano una divisa". Nardone conferma che il detenuto ha già dichiarato che non sarà presente alle prossime udienze, neppure quando verrà letta la sentenza il 17 febbraio prossimo.
"Il video ci pare sufficiente per ricostruire quanto è accaduto. Si sono mossi a falange – spiega l’avvocato Michele Passione che rappresenta il Garante nazionale dei detenuti, parte civile con il carcerato picchiato e l’Altro diritto –, si vede che viene tirato un pugno, buttato giù. Gli sferrano calci. Le parti viste in aula danno conto, a nostro avviso in modo chiaro, dell’antefatto e dell’episodio da cui è scaturita l’inchiesta".
Nelle quasi sei ore di udienza, metà delle quali occupate dalla requisitoria del pm, è stato composto il mosaico che il gup Rocchi dovrà valutare per la sentenza del 17 febbraio. Anche alla luce, però, delle ragioni della difesa che parlerà il 10. Gli avvocati Cipriani, che assiste uno degli imputati (tra l’altro è stato sentito in incidente probatorio nel troncone ‘madre’) e Biotti che difende invece gli altri nove, intendono smontare il concorso in tortura. Come hanno fatto e argomentato anche con indagini proprie già depositate la scorsa udienza. Il tunisino – il suo legale racconta che ancora deve assumere farmaci per dormire e che convive con la paura di essere aggredito – sarebbe stato vittima del "trattamento inumano e degradante" e di "acute sofferenze fisiche", questa l’accusa. Pensava di andare a fare la doccia, aveva asciugamano e spazzolino in mano. E’ successo tutt’altro. A stabilire dove sta la verità fra le due posizioni diametralmente opposte di procura e difesa tocca al giudice.