
"La paura è un segno di intelligenza. Certamente, bisogna che non sia eccessiva e paralizzante, altrimenti diventa ansia, e va trattata. Dobbiamo riprendere a vivere", sostiene Andrea Fagiolini, direttore Dipartimento Salute Mentale e dell’Unità di Psichiatria delle Scotte.
I numeri del contagio sono minimi, perché il Covid continua a farci tanta paura?
"Sono minimi soprattutto grazie ai sacrifici che abbiamo fatto. Al momento, non ci sono elementi per dimostrare che il virus sia cambiato. Quello che è sicuramente cambiato, è il fatto che la maggior parte delle persone mantiene le distanze di sicurezza, usa le mascherine, sta attenta a cosa tocca e si lava le mani. Tuttavia, ci sono anche persone che non seguono le procedure. Si vedono persone che usano le mascherine per coprirsi la bocca e non il naso, che la tengono sul braccio, che usano la stessa mascherina per più giorni. Il rischio è che il virus torni non appena togliamo le misure. Se a questo hanno anche contribuito fattori stagionali (maggior ventilazione), è possibile che manterremo i buoni risultati ottenuti per qualche altro mese, ma che, purtroppo, torneremo al punto di partenza in autunno. Con le dovute precauzioni dobbiamo riprenderci la nostre abitudini. Ricominciare a uscire, avere contatti, usare i servizi, tornare nei negozi, bar, ristoranti. Fanno parte della qualità di vita e ci aiutano a stare meglio psicologicamente, cosa che aiuta a stare meglio anche fisicamente".
Ma gli anziani sono ancora chiusi in casa.
"Devono riprendere la loro vita. Bisogna però che imparino bene a difendersi, come ad usare le mascherine in modo corretto".
I bambini hanno passato tre mesi chiusi in casa e oggi stentano a riprendere le relazioni interpersonali.
"I bambini hanno bisogno di interagire con altre persone anche più degli adulti. E’ utile che i familiari dedichino loro più tempo o che si trovi un modo di farli stare con un numero ristretto di altri bambini. L’importante è non fare gruppi troppo grandi, perché i bambini non sono al 100% immuni dal virus e, soprattutto, possono trasmetterlo ai loro nonni".
Dall’emergenza sanitaria a quella economica: quale eredità ci ha lasciato il virus?
"Il lockdown è stato devastante per le attività commerciali, con rischi per i proprietari, dipendenti e le altre attività dove queste persone, a loro volta, spendevano i loro guadagni. Si è creato un circolo vizioso. Dipendiamo gli uni dagli altri molto più di quanto pensiamo. Fermarsi a un bar, andare a un ristorante, fare un acquisto in un negozio è un modo per concederci una meritata gratificazione ma anche un modo per aiutare la società a ripartire".
Cosa pensa dello smart working? Un’opportunità o un’altra chiusura?
"Se usato bene, il lavoro da casa è uno strumento eccezionale, in molti casi permette di lavorare in modo equivalente (e a volte anche più produttivo) del lavoro in sede. Molte procedure mediche possono essere fatte per telefono o in videochiamata. La telemedicina dovrebbe essere potenziata in futuro. Ci sono cliniche in Paesi come gli Stati Uniti e l’Australia dove più della metà delle attività è per via telematica. Ad esempio è possibile fare un elettrocardiogramma, un’ecografia e altre procedure diagnostiche e persino fare interventi chirurgici con l’operatore che controlla un robot da migliaia di chilometri di distanza. Per alcune procedure, serve uno specifico terminale a casa del paziente; in alcuni casi può essere necessario inviare un operatore sociosanitario a casa del paziente, collegato con il medico. Questa procedura, viene già usata all’estero".
Paola Tomassoni