PAOLA TOMASSONI
Cronaca

‘Una marcia in più’. Quella di chi è andato oltre il Covid. I racconti in un libro

Seconda pubblicazione dell’AouSenese con le testimonianze di dodici pazienti ricoverati durante la pandemia: tra paure, speranze, rinascite, scorrono immagini ed emozioni indimenticabili.

Seconda pubblicazione dell’AouSenese con le testimonianze di dodici pazienti ricoverati durante la pandemia: tra paure, speranze, rinascite, scorrono immagini ed emozioni indimenticabili.

Seconda pubblicazione dell’AouSenese con le testimonianze di dodici pazienti ricoverati durante la pandemia: tra paure, speranze, rinascite, scorrono immagini ed emozioni indimenticabili.

SIENA’Una marcia in più. Noi oltre il Covid’ è la seconda pubblicazione dell’AouSenese sulla pandemia. ‘Un anno di lotta al Covid’ è stata la prima (2021), con il racconto dal punto di vista dei professionisti dell’ospedale; il nuovo libro – appena presentato e disponibile in ebook e in cartaceo - è invece un tributo ai pazienti e familiari, a chi ha lottato con il virus e ce l’ha fatta, in una guerra che difficilmente dimenticheremo.

‘Una marcia in più’ è quella di 12 pazienti costretti a ricoveri, attaccati a macchine respiratorie e alla speranza di spuntarla, che oggi possono raccontare l’impatto fisico e mentale della malattia. Il primo è un docente universitario di antropologia, Fabio Mugnaini, che alle Scotte è stato in ossigenoterapia per quasi venti giorni: "Quando ho lasciato l’ospedale mi sono ricordato di una cosa che mi disse uno dei detenuti che seguivo – essendo stato delegato per la didattica penitenziaria -: quando, dopo 22 anni di galera, uscì per un permesso e fu turbato dal realizzare che rientrando in cella, aveva l’impressione di sentirsi a casa. Ho avuto paura di tornare a casa, per la perdita della dimensione del controllo. Il Covid mi ha lasciato la sensazione fondata sull’esperienza di ciò che per formazione culturale so essere la fragilità umana".

Irene, trentenne farmacista, ha riscontrato la positività subito dopo aver dato alla luce il figlio: il virus divide la famiglia nel momento più bello della vita. "Il Covid ti fa capire di cosa hai veramente bisogno –racconta -. Mi ha portato via dei momenti importanti con la famiglia, la quale a sua volta è stata privata di attimi insostituibili. Però le coccole che sono venute poi, i baci e gli abbracci sono stati ancora più belli. Abbiamo capito che avevamo bisogno gli uni degli altri".

Michele Bernardoni è stato intubato per 29 giorni: "Il risveglio è stato bellissimo, in video chiamata ho rivisto la famiglia, anche se non riuscivo a muovermi e a parlare, dovevo imparare di nuovo a fare tutte le cose che si fanno da bambini, parlare, mangiare e camminare. Dopo alcuni mesi un infermiere è venuto in negozio e quando ha iniziato a parlare mi sono impressionato perché ho riconosciuto la sua voce, anche se non avevo mai visto la sua faccia".

Michele Cannoni è stato tra i primi ricoverati alle Scotte: "Ho vissuto un forte senso di impotenza, abituato a vivere in spazi grandi, in campagna e in vigna, mi sono ritrovato in una stanza senza capire spesso neppure se fosse giorno o notte. Il problema maggiore è stato che ho avuto tanto tempo per pensare, le giornate erano lunghe ed i pensieri non erano positivi".

Per Stefano Bellaccini, impiegato di banca, 75 giorni di ricovero tra terapia intensiva e para-intensiva, in cui ha perso 20 chili e fatto viaggi metafisici: "Ricordo un’immagine: la visione di una scala che saliva verso il cielo. Facile capire a cosa potesse alludere... Stavo per salirci ma guardandola ho pensato che sarei dovuto tornare da Laura, Giulia e Niccolò. Ho scelto di vivere e mi sono salvato, grazie a Dio e ai medici".

Luca Guideri passa 57 giorni in area Covid, 28 in sedazione profonda: "Quando sono arrivato in ospedale ho assistito al decesso della persona nel letto accanto al mio. Un impatto drammatico. Il mio pensiero anche oggi va a tutti quelli che non ce l’hanno fatta, che non hanno colpe".

Un altro bancario, Andrea Viani: "La fame d’aria è tra le cose più toste che mi rimangono in mente. Normalmente non osserviamo il nostro corpo che respira e invece, durante il ricovero, quello è diventato il mio pensiero costante perché da quelle due azioni, inspirare ed espirare, dipendeva la mia vita".

Paola Tomassoni