di Laura Valdesi
SIENA
"Colpevoli di tutti i reati". Non vola una mosca alle 18.25 nell’aula al terzo piano di palazzo di giustizia quando il presidente del collegio Simone Spina inizia a leggere la storica sentenza formulata con i colleghi Elena Pollini e Francesco Cerretelli in quasi sette ore di camera di consiglio. Ad ascoltarla il pm Valentina Magnini, quattro dei cinque agenti della penitenziaria di San Gimignano accusati di torture nei confronti di un detenuto tunisino di 31 anni, a cui sarebbe stato riservato un trattamento con calci, pugni, minacce ed offese per dare un segnale agli altri reclusi. Una sorta di spedizione punitiva avvalorata, secondo la procura, da un video di 4 minuti e 32 secondi delle telecamere interne. In aula anche colleghi di lavoro e familiari che nel primo pomeriggio erano arrivati in tribunale per stare vicini ai cinque, in attesa del verdetto. Che è stato durissimo. "Autonomo reato di tortura in concorso", dice Spina. Sposando dunque, questa la sensazione a caldo, la linea del gup Jacopo Rocchi che nel 2021 aveva già condannato per tale episodio dieci agenti di Ranza qualificandolo come reato autonomo, più grave quando a commetterlo è un pubblico ufficiale. Che assorbe quello di lesioni. Poi le pene. Si legge sul volto degli imputati che non credono alle loro orecchie quando il presidente declina le condanne: 6 anni per un ispettore superiore, altrettanti per un ispettore capo e 6 anni e mezzo per un suo pari grado. Rispettivamente 5 anni e 11 mesi e 5 anni e 10 mesi per due assistenti capo. Interdizione perpetua dai pubblici uffici, la pena accessoria. Tutti sospesi dall’esercizio della responsabilità genitoriale per la durata della pena. Quindi il capitolo risarcimento dei danni non patrimoniali al detenutio tunisino da liquididare in sede civile anche se dovranno pagare in solido, subito, una provvisionale di 50mila euro immediatamente esecutiva. Un assistente capo dovrà risarcire anche un altro detenuto che avrebbe colpito con un pugno al volto. La lettura della sentenza è durata oltre 8 minuti. Prevedendo inoltre il pagamento dei danni non patrimoniali alle parti civili e le relative spese legali, comprese quelle dei due detenuti costituiti. Dunque a Garante nazionale per la protezione delle persone detenute, Associazione L’Altro diritto, Associazione Yairaiha e Antigone, infine il Ministero della giustizia.
Il giudice ha poi dichiarato false le dichiarazioni di servizio datate 11 ottobre 2018, il giorno del trasferimento di cella, da tre degli imputati ordinando la cancellazione totale del contenuto. Trasmettendo poi al pubblico ministero i verbali delle udienze del 25 novembre 2021 e del 22 luglio 2022 relativi alla deposizione di un altro carcerato e di un agente della penitenziaria affinché valuti eventuali estremi di reato. L’ispettore superiore e un ispettore capo sono stati assolti "perché il fatto non sussiste" per una delle contestazioni.
"Leggeremo con attenzione gli argomenti a sostegno della decisione di condanna. Adesso c’è solo amarezza perché ritenevamo nel corso dell’istruttoria – spiega l’avvocato Fabio D’Amato che insieme al collega Nicola Anelli assisteva un ispettore superiore – di aver portato elementi tali da rimettere in discussione almeno il reato di tortura. Usciamo scontenti ma lasciamo la parola ai gradi successivi di appello per dimostrare la buona fede e la bontà di un operatore stimato da tutti come il mio assistito".