Radicondoli, 7 luglio 2022 - Il mito di Prometeo è dentro di noi, sedimentato da secoli di storia anche tragica, ci arriva con i pezzi dell’opera di Ritsos, con il cinema di Cacoyannis e di Angelopoulos, incarna le nostre angosce e inquietudini, in termini psicanalitici rappresenta anche un incessante desiderio, una perenne insoddisfazione e pulsione conoscitiva e riflette in sintesi il tormento e il rovello intellettuale dell’uomo, che gli antichi greci già avevano ben evidenziato e analizzato.
Luca Lazzareschi debutta in prima nazionale domenica 10 luglio alla Pieve vecchia della Madonna ore 21,15 il «Prometeo» con la regia e riduzione di Massimo Luconi, con Floriana Cangiano, musiche Mirio Cosottini, i costumi di Aurora Damanti. Il destino di Prometeo è diventato, nel corso della storia della nostra civiltà, l’emblema di una umanità che acquista autonomia, fra utopia e sconfitta, libero pensiero e consapevolezza di sé, in contrapposizione alle minacce della natura e alla tirannia di un potere violento e distruttivo. Prometeo dona il fuoco agli uomini per affrancarli dalla loro barbarie, ma il fuoco ha anche un valore ambiguo, come ambigua è la figura stessa di Prometeo, eroe e vittima del potere di Zeus, ma anche in parte colpevole nell’aver tradito la fiducia del re dell’Olimpo (e il fatto che questo dono possa essere usato male è uno dei motivi che percorrono l’opera e che inquietano il nostro presente).
La vicenda di Prometeo, con la sua dolorosa e nobile immagine di ribelle, di uomo in rivolta, che accetta di scontare il proprio destino con intransigente e coerente consapevolezza, è carica di pathos senza tempo, di rimandi a momenti drammatici della nostra storia contemporanea. Come non pensare alla Grecia dei colonnelli o a personaggi eroici della resistenza come Panagulis, ma sarebbe poco interessante lavorare su una attualizzazione realistica o una ricostruzione filologica. «Con un doppio livello di narrazione – spiega Luconi – teatrale ed emotivo, siamo testimoni di un dramma che appartiene ai canoni del teatro antico e moderno, e guardiamo a questa opera straordinaria dell’antichità con il nostro sguardo critico, spogliandola dall’enfasi della tradizione ottocentesca ma assumendone in pieno l’energia e il fascino primordiale.
Dopo aver nutrito il mio orizzonte culturale con la Grecia moderna più che con quella antica – continua il regista– occuparsi di Prometeo vuol dire compiere un viaggio alla ricerca del mito che ci appartiene come popoli del Mediterraneo». La storia di Prometeo, che è dentro di noi, sedimentata da secoli di storia anche tragica, ci arriva con i pezzi dell’opera di Ritsos, con il cinema di Cacoyannis e di Angelopoulos, incarna le nostre angosce e inquietudini, in termini psicanalitici rappresenta anche un incessante desiderio, una perenne insoddisfazione e pulsione conoscitiva e riflette in sintesi il tormento e il rovello intellettuale dell’uomo, che gli antichi greci già avevano ben evidenziato e analizzato. «La tragedia – riflette Luconi – è tutta in questa tensione su ciò che sarà domani, nella continua attesa sul futuro degli uomini e degli dei».
TF