Siena, 5 maggio 2018 - Lo sbarco in Piazza Affari era inizialmente fissato per il 9 maggio. Forte di un bilancio con ricavi consolidati sopra il miliardo di euro (per l’esattezza 1.016 milioni), con un margine operativo attestatosi sugli 86,7 milioni e un utile netto di 18,8 milioni, il gruppo toscano dell’energia, nato dalla fusione tra Consiag di Prato, Intesa di Siena e Coingas di Arezzo, ha raggiunto i 750mila clienti nella zona nevralgica d’Italia (Toscana, Umbria e Marche) e voleva mettersi in competizione con i giganti delle multiutility, Acea, Hera e Iren.
La quotazione è vista come un esame di di maturità, oltre che un mezzo per raccogliere almeno 300 milioni di euro, collocando una fetta del capitale attorno al 40%. Per una società controllata indirettamente da 141 amministrazioni comunali, sarebbe un bel salto in alto.
Sembrava tutto in ordine, il bilancio e lo schema di quotazione era stato inviato alla Consob per le autorizzazioni necessarie a far scattare i roadshow e i prospetti informativi. E invece i giorni sono passati invano, senza che dalla commissione di controllo delle società di Borsa arrivasse il disco verde.
E allora bisogna ripartire daccapo, perché le norme per la quotazione impongono che non si possano presentare conti che risalgono a più di 135 giorni prima. Va approvato il bilancio trimestrale, con il cda fissato nella terza settimana di maggio, e in base a quei numeri va rimodulata la documentazione da presentare alla commissione presieduta di Mario Nava. Una volta ottenuto il placet, si può cominciare con i roadshow per sollecitare gli investitori ad acquisire titoli Estra e a mettere in moto le banche advisor per alimentare l’interesse del mercato finanziario.
Considerando i tempi tecnici e i passaggi necessari per completare l’iter, gli advisor pensano a uno sbarco in vista del 4 luglio, se tutto andrà liscio. Dal quartier generale di Estra non si fa nessuna polemica, ci si è limitati a prendere atto del ritardo e a rimodulare i tempi per la quotazione. Il sogno di essere il polo di aggregazione per tutta l’Italia centrale nel settore dei servizi pubblici resta immutato. Il core business resta la fornitura di elettricità e metano, ma anche le energie rinnovabili e le telecomunicazioni stanno dando risultati inattesi.