Grandi fatti e protagonisti. Pisa si guarda allo specchio

Mazzini, il Risorgimento, le guerre. E poi il mare, i Papi e la passione per il calcio: La Nazione c’era

PISA

Sfogliado le pagine ingiallite de La Nazione ci si imbatte in una storia pisana di cui parlò tutta l’Europa. Il 10 marzo 1872 in una casa di via La Maddalena si spense un vecchio signore che si faceva chiamare George Brown e i pisani avevano imparato a conoscere. Il clamore fu enorme quando si seppe che non era affatto un gentiluomo inglese ma Giuseppe Mazzini, l’apostolo della libertà e dei diritti civili, tenuto d’occhio dalle polizie delle monarchie europee. Spontaneamente si fermarono le lezioni in Sapienza e un corteo di studenti si recò in via La Maddalena per rendere omaggio alle idee così moderne e rivoluzionarie di quell’uomo che aveva scelto Pisa per il suo ultimo rifugio.

Cos’altro si può ricordare di quegli ultimi anni del XIX secolo? Certamente la nascita sulla riva sinistra dell’Arno, alla foce, di un centro abitato che prese il nome di Marina di Pisa, ricco di un bellissimo arenile e di splendide ville Liberty dove poi presero dimora Gabriele D’ Annunzio e Eleonora Duse e dove furono scritte le rime più ispirate dell’Alcyone. Poi un salto di qualche decennio ed eccoci all’evento più tragico della storia pisana. Il 31 agosto 1943 una squadriglia di bombardieri americani B 52 giunse alle 13 in punto nel cielo di Pisa e in soli sette minuti furono sganciate oltre 400 tonnellate di bombe ad alto potenziale. Persero la vita quasi mille pisani e interi quartieri intorno alla stazione e a Porta a Mare, dove furono centrate le fabbriche, andarono distrutti. I cannoneggiamenti dell’estate successiva, prima della Liberazione avvenuta il 2 settembre 1944, colpirono il centro storico, il Camposanto Vecchio e i Lungarni che da allora hanno cambiato volto.

Il 4 novembre 1966 un altro evento drammatico – L’esondazione dell’Arno – sconvolse la città e le sue conseguenze durarono a lungo. Se nell’immediato i danni maggiori li subì Firenze, le conseguenze più gravi per Pisa non tardarono a venire. Dopo una settimana crollò nel fiume ancora in piena il ponte Solferino, il più bello della città. E alcuni mesi dopo, nel febbraio del ’67, minato alle fondamenta dalla prolungata pressione dell’Arno rigonfio, crollò il Lungarno Pacinotti. In anni più recenti da ricordare la visita a Pisa di papa Wojtyla (1989) che parlando dal ponte di Mezzo volle riabilitare Galileo Galilei, secoli dopo l’abiura a cui era stato costretto dal Sant’Uffizio.

Giuseppe Meucci