La Nazione grandi firme. Gemme preziose in terza pagina. Caleidoscopio di autori e tendenze per raccontare la società che cambia

Da Alexandre Dumas padre, inviato al seguito di Garibaldi ai letterati, dai critici d’arte agli scrittori. La cultura nazionale si è forgiata anche con le opere di chi ha lasciato una testimonianza su queste colonne.

di Luca Scarlini

FIRENZE

Centosessantacinque anni sono un tempo lungo, incommensurabile specialmente in un’epoca come quella dal 1859 a oggi, quando sono cambiati a rotta di collo modelli, riferimenti, linguaggi, modi e costumi. Senz’altro nei primi decenni ha contato una scrittura che desse conto dei rapidissimi movimenti dell’età risorgimentale. Alexandre Dumas padre segue le tracce di Garibaldi, narrando l’epopea dei Mille: è in prima linea in un’epoca che riporta fortemente l’Italia all’attenzione delle cronache internazionali. Luigi Capuana, autore de Il marchese di Roccaverdina, tra i maggiori protagonisti della stagione verista, ricopriva il ruolo di critico teatrale dal 1870, dando conto delle pièces che più descrivevano le metamoforfosi del sentire comune.

Le pagine letterarie de La Nazione hanno sempre cercato, in tutte le epoche, di unire letteratura e società, chiedendo agli scrittori di narrare episodi del vivere quotidiano, come ben illustra il lunghissimo articolo su I mariti di Achille Torelli, in scena al Teatro Niccolini, a cui dedica una lunghissima cronaca di quattro pagine nel numero del 30 novembre 1867, indicando in questo lavoro, oggi dimenticato, un caposaldo di una nuova stagione della cultura nazionale. Molto interessante anche la presenza di Bruno Sperani (al secolo Beatrice Speraz), narratrice di grande forza, che nel suo La fabbrica (1894), parlava di un tema tremendamente attuale: gli incidenti sui cantieri.

Ovviamente certi argomenti risultano poi fatalmente superati dagli eventi, quando il tema sia legato alla tecnologia, o agli aspetti delle meraviglie del progresso, prima soltanto ipotizzati, ma di cui ora senz’altro viviamo direttamente gli esiti. Pochi sono i quotidiani in Italia che hanno censito la produzione narrativa affidata alla dimensione effimera, al momento immediato. Esistono soltanto pubblicazioni in merito per il Corriere e per la Stampa, ma proprio nelle terze pagine sono nati spesso romanzi che hanno segnato un’epoca e qui si trovano gioielli che non hanno poi trovato edizione in tempi seguenti.

Nelle due stagioni di pubblicazione della rubrica Scrittori sulla Nazione, è emersa una attenzione capillare, continua, al presente, con un assai minore numero di divagazioni fantastiche e di avventure metafisiche. Fino agli anni ’60 del Novecento, la novella era specialmente ricercata sfogliando il quotidiano, dalla paginazione assai maggiore di oggi. Era considerata allo stesso tempo come una pausa di svago e occasione di una riflessione profonda sui fatti dell’oggi.

I giochi di equilibri delle redazioni, legati a necessità politiche, a congiunture economiche, le appartenenze geografiche determinano il repertorio degli autori. Eppure sulle pagine del giornale non compaiono solo autori toscani, perché esisteva una intensa circolazione di firme che comparivano, con articoli diversi, su più testate. Questo è il caso di figure importanti della cultura nazionale, come Aldo Camerino, Rodolfo Wilcock, tra i maestri del fantastico, Pier Vittorio Tondelli che pubblica negli anni ’80 le sue Cronache del soldato Acci, che confluiscono in parte in uno dei suoi romanzi di maggiore successo, Pao Pao, uscito nel 1982, in cui raccontava del suo servizio militare.

Tra il 1860 e il 1863 tiene una appassionata rubrica di cronaca letteraria il futuro premio Nobel Giosuè Carducci, nel momento in cui viene chiamato, mentre svolge il ruolo di docente al liceo Classico di Pistoia, a insegnare nel prestigioso ateneo di Bologna, dove istituì una grande scuola di studi sulla cultura italiana del passato.

L’elenco delle presenze prestigiose è assai lungo: vale la pena di segnalare gli esordi maggiori. Gianna Manzini, di fatto, si fa conoscere sulle pagine del giornale: esordisce con il racconto dal titolo Marzo nel 1922, Romano Bilenchi pubblica la prima anticipazione di Conservatorio di Santa Teresa, uno dei suo romanzi maggiori, nel 1939, in un’epoca fortemente segnata da tensioni, poco prima dello scoppio del conflitto, quando lo scrittore decise di dedicarsi alla politica. Clotilde Marghieri mette alla prova le sue memorie di un’esistenza altoborghese, attratta dalla letteratura e segnata da una complessa adolescenza in collegio (materia che costituì l’argomento del successo della scrittrice napoletana, Le educande, ambientato a Poggio Gherardo, sulle colline fiorentine, uscito nel 1972 da Vallecchi).

Queste opere uscivano in un’epoca in cui le pagine di cultura avevano un peso importante e la produzione era spalmata nel corso della settimana, non limitata soltanto al weekend, in un’epoca in cui peraltro la narrativa ha da lungo tempo abbandonato il mondo dei quotidiani, assai più interessati, da tempo, alle anticipazioni dei romanzi, che non alla loro preparazione in forma di racconto nel corso del tempo.

Molto rilievo avevano anche le inchieste su temi del momento, come quella sul romanzo, lanciata da Mario Luzi il 24 giugno 1966. Le risposte esprimono chiaramente il peso degli scrittori scelti. Italo Calvino, Alberto Moravia, Goffredo Parise, Pier Paolo Pasolini sono insieme in un dialogo che fu molto seguito dai lettori e articolato su tre diversi interventi, restando le stesse le domande formulate dal curatore del dossier. Nel dicembre 1961 Vasco Pratolini, reduce dalla collaborazione come sceneggiatore per Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, aveva pubblicato due dense puntate di una sua personale indagine su Cinema e romanzo.

Alberto Lattuada nel 1970 parla del suo viaggio in Algeria, in cui si trova di fronte un mondo diviso tra tradizione e futuro. Carlo Branzi, poi tra i maggiori designer italiani del ‘900, interviene nel 1966 sul piano regolatore di Fiesole, assai discusso nelle sue linee-guida. Numerosi i critici letterari importanti: Luigi Baldacci, Aldo Camerino, Giorgio Luti, Geno PampaloniNon mancano poi gli esperti di materie specialistiche, come i filologi, capeggiati da Gianfranco Contini (che ha scritto memorabilmente sul giornale di Manzoni e di altri autori principali del canone) e i classicisti, spesso presenti, nella chiave delle “stravaganze” che aveva inaugurato sui giornali il maestro degli studi greci e latini Giorgio Pasquali.

Dino Pieraccioni, da Pontassieve, a cui a Firenze è dedicata la biblioteca pubblica in Via Nicolodi, grecista, appassionato studioso della grammatica e della sua analisi, scrisse a lungo della scuola, del bisogno della sua riforma, in un’epoca in cui la Toscana era fortemente segnata dalle riflessioni di don Lorenzo Milani. Cesare Questa, latinista, massimo esperto di Plauto discettava negli anni ’70 di edizioni critiche e filologiche. Il tutto, naturalmente senza scordare l’arte, con interventi di Carlo Ludovico Ragghianti, di Alessandro Parronchi, di Anna Banti, che ha pubblicato sul giornale anche alcuni racconti.

Insomma, un caleidoscopio e una girandola: di autori, tendenze, linee, come vuole la natura stessa del giornale che è specchio di epoche, luoghi, geografia e storia. La ricerca negli archivi permette una visione ampia di tecniche, modi, intenti della scrittura: il confronto con il quotidiano costringe spesso gli autori a uscire dal loro modo consueto. Intorno il mondo cambia alla velocità della luce, ma come sempre questo risulta poco percettibile nel momento in cui lo si vive, quando tutto precipita nell’atto di una lettura, che nasce per l’istante, ma che nei casi migliori riesce a seminare segni, a perpetuare la memoria del testo.