Tradizione, identità, futuro. Inizio epico nel Risorgimento e valori forti ancora attuali

Dal 1859 a oggi una continua evoluzione tecnologica, ma la bussola per i giornalisti rimane la stessa: il patto con i lettori per consentire a tutti di comprendere i fatti e in questo modo farsi un’opinione.

Agnese Pini

FIRENZE

Il giorno in cui la Toscana diventò Italia, e Firenze scoppiava di frenesia e di entusiasmo, Carlo Collodi così scriveva su questo giornale, in un pezzo rimasto memorabile: "Vi sono delle cose che, per crederle, bisogna averle vedute. Vi sono delle cose che, appunto, per averle vedute, è impossibile farne un’adeguata descrizione".

Oggi che l’Italia sta cercando faticosamente di diventare Europa, schiacciati come siamo dalle paure e dalle sfide di un’epoca di cambiamento, queste parole suonano ancora profonde, toccanti e vere. Oggi che tutto è cambiato - la tecnologia, la velocità, le preoccupazioni e gli scopi, le minacce e le speranze - un quotidiano come La Nazione ci ricorda, nel giorno in cui festeggia i suoi 165 anni, che i valori invece non sono cambiati. I valori che sorreggono i giornali, e con i giornali i popoli: dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. Ecco cosa si chiede ai giornali, ai giornalisti. La verità del cronista, ci ricorda Collodi, è la verità che si può vedere, e dunque raccontare. È la verità che si trasforma in ricerca, e in testimonianza: "Vi sono delle cose che, per crederle, bisogna averle vedute".

Quanto è necessaria, quanto è utile questa lezione in ogni momento in cui la realtà da raccontare - e la verità da estrinsecare - si fa complessa, tumultuosa, appannata, difficile? Pensate alle guerre, a ogni guerra: le ultime, quella in Ucraina e quella a Gaza. Pensate a quando si dice: in guerra la prima vittima è la verità. Pensate alla pandemia globale, agli anni bui del Covid: anche in quel caso – senza fonti certe, senza reali termini di paragone, senza il contributo dell’esperienza pregressa di fronte a un evento così inedito per dimensioni e diffusione – la verità del cronista doveva necessariamente essere umile, e chi ha ceduto ad altre tentazioni, ad altre ricette, ha poi dovuto rimangiarsi la parola, od ostinarsi in una smaccata malafede. E dunque, raccontare significa, alla fine dei conti, non perdere l’orientamento: dei valori, del senso e degli scopi che ci rendono ogni giorno cittadini consapevoli. Resta questa la sfida più difficile, a volte quasi immane, di chi sta dentro una redazione.

Ma è appunto nella storia di questo giornale che ritroviamo ogni giorno, i miei colleghi ed io, la bussola per non sbagliare strada: il privilegio di lavorare a La Nazione ci consegna l’orizzonte verso cui dobbiamo guardare. Lo ritroviamo proprio nei 165 anni di passato che il giornale dei toscani e dell’Italia tutta porta con orgoglio sulle spalle, a ricordarci che la soluzione alla complessità esiste sempre. Basta crederci con coraggio, senza cedere alla paura.