OLGA MUGNAINI
165 anni

Unità politica e unità della lingua. Alessandro Manzoni su La Nazione:: "L’Italia parlerà fiorentino"

Nicoletta Maraschio, presidente onoraria dell’Accademia della Crusca, spiega la nascita dell’italiano: "I giornali sono stati importanti, ma hanno dovuto fare i conti con l’altissimo tasso di analfabetismo".

Il 6 marzo 1868 La Nazione pubblicava la relazione di Alessandro Manzoni consegnata al ministro Broglio, in cui si indica il fiorentino quale la lingua di tutti gli italiani. Quali le ragioni di tale scelta? A spiegarlo è Nicoletta Maraschio, una delle più importanti linguiste, docente universitaria, prima presidente donna dell’Accademia della Crusca, orai presidente onoraria.

Professoressa Maraschio, cosa diceva quella relazione?

"Manzoni fu incaricato nel gennaio 1868 dal Ministro della pubblica istruzione, di presiedere una commissione che elaborasse una proposta per “rendere più universale in tutti gli ordini del popolo la notizia della buona lingua e della buona pronunzia”. Lo scrittore, nonostante l’età avanzata, accettò l’incarico e rapidamente scrisse la relazione “Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla“; un documento linguistico e politico di grandissima rilevanza, al quale Manzoni volle dare la massima diffusione. È molto significativo, in proposito, che un giornale come La Nazione ne pubblichi larghi stralci. La relazione, scritta quando Firenze era capitale d’Italia, indica nel fiorentino parlato contemporaneo il modello da imitare e dimostra, in modo inequivocabile, che la questione della lingua era uscita dall’ambito letterario per diventare una fondamentale questione sociale e politica".

Ma perché il modello deve essere il fiorentino?

"Soprattutto dopo l’Unità, il problema che gli italiani, al di là dei diversi dialetti parlati dalla stragrande maggioranza, potessero condividere una stessa lingua, cioè l’italiano, era avvertito da tutti come urgente. Manzoni proiettò in ambito sociale la soluzione da lui già adottata nella edizione dei Promessi Sposi del 1840. Il modello unificante doveva essere basato su una lingua viva e contemporanea, realmente parlata da una intera comunità. Avrebbe potuto essere uno qualunque dei molti dialetti d’Italia. Ma era evidente che nessun altro se non il fiorentino, per storia e struttura, era tanto vicino alla lingua della tradizione letteraria risalente a Dante, Petrarca e Boccaccio. Ecco le ragioni della scelta".

Quali ragioni degli oppositori?

"Gli accademici della Crusca pensavano che una simile rivoluzione non fosse necessaria, perché a loro avviso l’italiano c’era già, era quello del Vocabolario, del quale nel 1863 cominciarono a pubblicare la V edizione, dedicata al re d’Italia. Il linguista Graziadio Isaia Ascoli, invece, era contrario a una soluzione dall’alto, squisitamente linguistica e imitativa, come diceva. All’unità linguistica si sarebbe arrivati progressivamente, eliminando a suo parere i due principali ostacoli: il cancro della retorica e la scarsa densità culturale. Il bilinguismo dialetto-italiano era una ricchezza da sfruttare".

Manzoni venne “a sciacquare i panni in Arno“.

"Dopo la prima edizione dei Promessi sposi, nel 1827 Manzoni venne a Firenze e in Toscana, frequentò molti fiorentini, che lo andarono anche a trovare a Milano e gli fornirono una preziosa consulenza. Lo scrittore si impegnò quindi a correggere il suo romanzo secondo l’uso parlato di Firenze. Eliminò così arcaismi (dimanda, avea, rimaso) e inserì forme grammaticali correnti (dicevo non diceva, e anche il fiorentino bono e non buono) e fiorentinismi come gote invece di guance, principiare e non cominciare, nella strenua ricerca di una lingua il più possibile vicina all’uso colloquiale".

Dopo di allora, quali altre tappe sono state fondamentali per arrivare alla lingua italiana di oggi?

"Dall’Unità l’Italia è cambiata radicalmente dal punto di vista economico, culturale e sociale. I fattori che più hanno inciso sono stati quelli legati allo Stato unitario: la scuola, l’esercito, la pubblica amministrazione. A questi si aggiungono l’economia e la mobilità delle persone (immigrazione ed emigrazione), il ruolo delle città e i mezzi di comunicazione di massa. I giornali sono stati importanti, ma hanno dovuto fare i conti con l’alto analfabetismo; la radio, il cinema e la televisione, invece, hanno diffuso un italiano parlato pubblico, che è stato decisivo nel creare una quotidiana confidenza con l’italiano. Dagli anni Sessanta l’italiano, seppur in forme diverse, è diventato la lingua di tutti".

Internet e i social sono stati così rivoluzionari come sembra? "Penso di sì. È un nuovo modo di comunicare, continuo, esteso e veloce, che porta a una nuova varietà, l’e-italiano. È chiaro che è difficile diversificare gli usi della lingua, ma come si scrive in modo diverso da come si parla, così si dovrebbe parlare e scrivere in modo diverso da come si digita!"

La lingua italiana va difesa o lasciata libera di evolversi?

"Tutte le lingue cambiano e l’italiano negli ultimi decenni è cambiato. Non mi piace il termine difesa. È importante che le istituzioni siano consapevoli dell’importanza della lingua per l’individuo e la comunità. La nostra lingua è molto amata nel mondo, ma occorre impegnarsi perché non diminuiscano le cattedre di linguistica italiana all’estero e che nelle scuole secondarie vi sia un’offerta di italiano. Non dobbiamo accontentarci della fortuna delle parole della cucina o della moda! Serve una politica linguistica per valorizzare l’italiano in Italia e all’estero".

E la Crusca che missione porta avanti?

"La Crusca è stata fondata alla fine del ’500 per studiare la lingua italiana e fare un grande vocabolario nazionale per promuoverne la conoscenza. Questa è la missione che la Crusca ha perseguito per secoli, con le 5 edizioni del suo Vocabolario (1612-1923). Ancora oggi lo studio del lessico è centrale in Accademia, come dimostrano i tre grandi progetti strategici in corso,il Vocabolario dantesco, l’Oim (Osservatorio degli italianismi nel mondo) e il Vocabolario dinamico dell’italiano moderno (Vodim). È impegnata poi nell’alta divulgazione, nella consulenza linguistica, nel rapporto con la scuola e con vari ordini professionali, tra cui quello dei giornalisti. Inoltre si sta occupando del Museo nazionale della lingua italiana (Mundi) che sarà inaugurato a breve a Firenze, per secoli capitale linguistica ideale della nazione".