C’è molto azzurro (dell’Empoli), ma anche parecchio viola, nell’inizio carriera di Luciano Spalletti. Il derby dell’Arno ha un tifoso speciale, il ct della Nazionale, uno che l’ha vissuto su entrambe le sponde. Da tifoso (per i viola), da “guru” della panchina per gli empolesi. Luciano Spalletti da Certaldo, sulla riva dell’Arno ci è cresciuto (a Sovigliana). Empoli e Fiorentina hanno rappresentato il suo primo bivio da calciatore quando era ancora giovanissimo e muoveva i primi passi nell’Avane («ho imparato più lì, dove si perdeva sempre, che alla Fiorentina dove si vinceva sempre», dirà in un’intervista a Walter Veltroni). Notato dagli osservatori azzurri e gigliati, sceglie i secondi per ragioni di cuore giocando un paio d’anni negli Allievi fra il 1973 e il 1975, e passando le domeniche al Franchi a fare da raccattapalle ai suoi idoli Roggi, Galdiolo e Antognoni. Il feeling non scatta però e retrocede in una squadra satellite. Il secondo bivio si chiama Empoli, riva opposta dell’Arno e arriva nel 1991: la squadra milita in C1 e il neopresidente Fabrizio Corsi, coetaneo di Spalletti, posa gli occhi sull’allora centrocampista tuttofare del Viareggio. Lui coglie l’occasione e si trasferisce a Empoli chiudendo la carriera da calciatore nel 1993 e iniziando parallelamente quella di allenatore, nelle giovanili azzurre. Lo chiamano, senza patentino, per salvare la prima squadra: l’impresa riesce ai playout. La chiamata definitiva arriva l’anno dopo: in due stagioni Spalletti guida la squadra prima alla promozione in B (con trionfo nella Coppa Italia di C), poi in massima serie (lanciando i giovani Totò Di Natale e Luca Toni). Il primo anno in A vale salvezza anticipata, dodicesimo posto e un gioco spumeggiante. Da rivale empolese incontra la “sua” Fiorentina due volte, battendola 2-1 al Franchi e pareggiando 1-1 al Castellani. Da lì in poi le strade con l’Empoli si dividono: seguono Samp, Venezia, Ancona e Udinese, i primi esoneri. A Udine due annate miracolose (storica qualificazione in Champions), poi il quadriennio a Roma (due Coppe Italia e una Supercoppa): sui muri di Sovigliana, racconta Enzo Bucchioni nel suo libro “Luciano Spalletti il vincente”, appare la scritta “Sacchi più Zeman uguale Spalletti”. Seguono due titoli allo Zenit San Pietroburgo, l’esonero con ritorno alla Roma, gli anni all’Inter e il tricolore a Napoli da dominatore. Fino a legarsi di nuovo al colore azzurro. Ma stavolta è quello della Nazionale.
CalcioPrima il viola e poi l'azzurro, tutto in Toscana è una partita speciale anche per il ct