La ricostruzione mammaria

Ricostruzione mammaria

Il tumore al seno purtroppo è una patologia frequente nella donna, ma grazie allo screening che ne permette la diagnosi precoce e ai notevoli progressi sul piano terapeutico, il tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è elevatissimo.

È estremamente importante per una donna che torna alla vita normale dopo la malattia poter usufruire della possibilità della ricostruzione del seno, superando così il trauma dell'intervento demolitivo subito, e recuperando la propria integrità fisica.

Le tecniche chirurgiche impiegate attualmente per la rimozione del tumore mammario sono più conservative rispetto al passato, e tendono a preservare per quanto possibile la fisiologia del torace femminile, rendendo possibile così la ricostruzione di un seno dall'aspetto naturale.

Spesso nei centri ospedalieri specialistici si effettua contestualmente all'intervento di mastectomia il primo step per la ricostruzione – spiega il Dott. Fabio Quercioli, specialista in chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica a Firenze - per evitare alla paziente una nuova sessione operatoria e al tempo stesso farla sentire già sulla strada del ritorno alla normalità”.

L'intervento di chirurgia ricostruttiva del seno è piuttosto complesso sotto il profilo tecnico e prevede soluzioni molto diversificate a seconda dell'entità dell'intervento demolitivo effettuato in precedenza. “Naturalmente è necessario valutare per ogni singolo caso le caratteristiche fisiche della paziente, l’aspetto della mammella controlaterale, il suo stato generale di salute, le sue esigenze e il suo grado di tolleranza nei riguardi di nuovi interventi – spiega Quercioli - la ricostruzione mammaria, a prescindere dalla tecnica impiegata, prevede il ripristino dei tessuti cutanei e sottocutanei del torace della donna, che sono stati compromessi in modo più o meno radicale con la mastectomia. L'obbiettivo è la creazione di un rilievo mammario dall'aspetto esteticamente gradevole e naturale, e infine la ricostruzione del complesso areola-capezzolo”.

Una delle opzioni di ricostruzione è quella che si effettua impiegando lembi miocutanei prelevati dal corpo della stessa paziente. Oggi questo intervento viene effettuato con tecniche meno invasive rispetto al passato, che non causano la compromissione della muscolatura dell'area da cui viene prelevato il lembo. I risultati sono estremamente naturali e ottimi sul piano estetico ma, nonostante i progressi, questo tipo di ricostruzione richiede 4/5 ore di sala operatoria e comporta lunghi tempi di convalescenza per la paziente.

Questo è il motivo per cui, in tutti i casi in cui ciò è possibile, si tende ad optare per una modalità più comune e semplice di ricostruzione della mammella – chiarisce lo specialista - che si avvale di protesi in silicone che vengono inserite al di sotto dei muscoli grande pettorale e dentato anteriore”.

La ricostruzione con protesi prevede una fase iniziale in cui si utilizza una protesi provvisoria, detta espansore, il cui volume viene gradualmente aumentato (inserendo liquido fisiologico attraverso una speciale valvola), per creare lo spazio sufficiente per l'inserimento della protesi in silicone definitiva. Dopo sei mesi circa i tessuti sono pronti per l’inserimento della protesi mammaria definitiva.

La ricostruzione con protesi in genere si effettua in combinazione con il lipofilling, una tecnica di riempimento con grasso autologo della paziente, prelevato da un’area del corpo in cui è disponibile in abbondanza – spiega Quercioli – il lipofilling ci permette di ottenere un seno più naturale, migliorandone l’aspetto e la simmetria con la mammella controlaterale, ma non solo: grazie al loro elevato contenuto di cellule staminali multipotenti, le cellule adipose hanno una funzione rigenerativa sui tessuti, molto utile specialmente nel caso in cui la paziente sia stata sottoposta a radioterapia, o abbia cicatrici profonde nella zona del petto”.

 

A Cura di Dott. Quercioli