Il fungo re dell’autunno. Un gioiello sotto le querce. La colombina è... ripiena

L’esperta cuoca Nicoletta Lazzeroni spiega come trattarla nei testi. Alcuni semplici passaggi per regalare ai propri ospiti un piatto speciale.

Il fungo re dell’autunno. Un gioiello sotto le querce. La colombina è... ripiena

L’esperta cuoca Nicoletta Lazzeroni spiega come trattarla nei testi. Alcuni semplici passaggi per regalare ai propri ospiti un piatto speciale.

In autunno i piatti più veloci dell’estate lasciano il posto a cibi che richiedono preparazioni articolate e cotture dai tempi più lunghi. E in Lunigiana la passione stagionale conduce nella direzione dei boschi dove i funghi si allenano a diventare i re della tavola. Raccogliere i funghi qui è un’attività che quasi si potrebbe definire uno sport di massa. Risultato: in cucina finiscono freschi, essiccati, protagonisti di piatti con polenta, risotti e tagliatelle oppure compagnia di golosi secondi come scaloppine ai porcini, cappelli al forno, funghi fritti e trifolati. Senza dimenticare chicche come l’insalata di porcini crudi. Ce n’è per tutti i gusti.

Oggi parliamo di un fungo meno famoso di porcini, galletti o chiodini. Si tratta della colombina denominato scientificamente russula che nasce in particolar modo sotto gli alberi di quercia oppure di castagno e può presentarsi in diversi colori: bianco, nero, giallo verde, rosso, rosa e viola e con tonalità mescolate.

Il protagonista della ricetta del mese è la colombina ripiena, cotta nei testi di ghisa. Si tratta di un fungo dal cappello che la cuoca casalinga Nicoletta Lazzeroni di Filattiera cucina (le dosi sono tarate per 5 persone, quindi 10 funghi) separando il cappello dal gambo che finisce sminuzzato nel ripieno assieme a una manciata di bietole tritate, 1 uovo, un battuto di mortadella ( 1 etto), parmigiano grattugiato 1 (etto), pane grattugiato, prezzemolo, olio, aglio, pepe, timo e sale. Il tutto viene passato in padella.

Nicoletta premette che le colombine più buone sono quelle verdi. I cappelli vengono scottati in acqua bollente poi su ognuno viene spalmato il ripieno soffritto precedentemente per circa 5 minuti. Si posano i cappelli nella teglia protetta sul fondo da alcune foglie di castagno e si passa alla cottura nel testo di ghisa che è già stato posto a scaldare sul fuoco con legna di faggio. Ma maneggiare questi testi non è facile, anzi hanno rischiato di finire in rassegna nei musei etnografici, anche se la tradizione alimentata da appassionati cultori, ha saputo far arrivare ai giorni nostri i segreti delle massaie di campagna. Il testo di ghisa è formato da due elementi: il sottano e il soprano (coperchio).

Il primo costituisce la base nel quale vengono collocati gli alimenti da cuocere. Il secondo a forma di campana permette l’effetto forno, soprattutto quando viene ricoperto dalla brace. Sono previste tre temperature di esercizio del testo (bassa, media alta) che si scoprono gettando sul coperchio un pizzico di farina o crusca che bruciano in modo diverso e caratteristico indicando l’escursione termica in atto. Per cuocere i cappelli di colombina ripiene ci vuole meno di mezzora. E’ una ricetta perfetta anche per quando aumenta il numero degli ospiti, poiché consente facilmente di preparare tutto in anticipo e dosare poi secondo il numero dei piatti in tavola. Naturalmente la cottura si può effettuare anche al forno a 180 gradi per 10 minuti. Il risultato è davvero eccellente perché Nicoletta è una bravissima cuoca, lavora in una Rsa, ma ha davvero l’X Factor tra pentole e padelle. Ora ha scritto anche un libro di ricette dal titolo ’E’ spe-ciale! Io cucino lunigianese’ (Carte Amaranto) che sarà presentato nell’ambito delle manifestazioni collaterali del Bancarella della Cucina domani alle 10.30 a Palazzo Dosi.

N.B.