
Il giurista Pellegrino Rossi. Amato da Papa Pio IX. Assassinato in Vaticano
Giurista, politico di rango conteso da più governi, ambasciatore, primo ministro del papa, mediatore e gran tessitore di accordi. Poi una lama entra nella sua gola e tutto finisce sulle scale della cancelleria papale. E’ Pellegrino Rossi, prima rivoluzionario, poi moderato, ucciso a Roma il 15 novembre 1848 o, come recita la targa collocata in via Santa Maria, sulla facciata della casa di famiglia, “estinto in Roma”. Personaggio di rilievo del suo tempo, oggi non molto conosciuto nella sua città che comunque in passato gli ha eretto un monumento nell’allora piazza Risorgimento; lo ha celebrato nel 1876, nel 1898, nel 1948 e nel 1978; gli ha dedicato una lapide nel 1998; intitolato una piccola via del centro storico.
Mentre la vicina Massa gli ha intitolato il liceo classico. Pellegrino Rossi nasce a Carrara nel 1787 da una famiglia agiata che lo indirizza nel collegio di Correggio dove termina gli studi superiori per poi frequentare giurisprudenza, prima all’università di Pisa e poi a Bologna dove si laurea e inizia la professione di avvocato. All’ombra della torre degli Asinelli stringe amicizia con Vincenzo Monti, entra nei salotti che contano, acquisisce fama nella professione. Fondamentale il viaggio a Ginevra per curare la causa di un cliente: qui intesse nuove amicizie, mentre nel 1814 Gioachino Murat gli affida la cattedra di procedura civile all’università di Bologna a soli 27 anni ed è Rossi che nell’anno successivo scrive il proclama di Rimini per conto dello stesso Murat, che invitava alla ribellione per liberare il Paese dagli stranieri.
Nello stesso anno 1815 Rossi è nominato commissario straordinario dei territori occupati da Murat, ma la caduta di quest’ultimo costringe Rossi alla fuga con imbarco su nave inglese nel sud Italia, approdo a Marsiglia con meta Ginevra.
Giunto in Svizzera privo di risorse e visto con sospetto come un rivoluzionario, Rossi inizia a tessere nuove amicizie, tiene cicli di conferenze molto apprezzate, recupera credibilità. Nel 1819 è professore di diritto romano all’accademia di Ginevra, inviso agli austriaci che lo vorrebbero espulso dalla Svizzera per i suoi legami con Federico Confalonieri e Silvio Pellico, per la sua attività editoriale che riguarda riforme costituzionali, economia, diritto pubblico e privato. Entra in politica eletto nel Consiglio della Repubblica Cantonale, allarga i suoi insegnamenti alla storia, appoggia i tentativi insurrezionali del 1831 (acuendo i dissidi con l’Austria), è eletto nella Dieta Federale Svizzera e alla Costituente che deve rivedere la costituzione del 1815. Il risultato viene giudicato conservatore dai più radicali e rivoluzionario dai conservatori e alle forti pressioni per una revisione, nel 1834 Rossi risponde con le dimissioni da tutti gli organi istituzionali e la partenza per Parigi, chiamato dall’amico Francois Guizot, il potente politico, ministro di Interni, Pubblica Istruzione, Esteri e poi anche primo ministro.
La capitale francese è un laboratorio culturale, Rossi ottiene la cattedra di economia politica alla Sorbona, poi quella ancora più prestigiosa di diritto costituzionale. Difende i principi di laicità, contrasta i Gesuiti che rivendicano il diritto nel ruolo dell’istruzione, e quando in Francia scoppia il dissidio tra cattolici integralisti reazionari e cattolici progressisti, si arriva allo scontro tra clericali e anticlericali, la Compagnia di Gesù è allontanata dalla Francia e Rossi viene inviato a Roma per gestire il problema con il Vaticano. Mentre è a Roma cade il governo francese, Rossi decade dalla carica di ambasciatore, ma, dopo le dimissioni del governo di Terenzio Mamiani, l’ex compagno di collegio Enrico Maria Mastai Ferretti, che intanto è salito al soglio di Pietro con il nome di Pio IX, nel 1846 lo vuole primo ministro dello stato Pontificio. Lui rifiuta, nel 1848 viene eletto come deputato di Carrara al parlamento Toscano ma anche a Bologna lo eleggono per il parlamento di Roma, mentre il Piemonte lo vorrebbe ministro della Pubblica Istruzione.
Ma arriva anche la seconda chiamata del papa e questa volta Rossi accetta, assumendo i dicasteri dell’Interno e delle Finanze, praticamente primo ministro di un governo che avrebbe dovuto temperare le spinte alla guerra per l’unità, i privilegi dell’aristocrazia, le pretese del clero più reazionario. Non ne ha avuto il tempo: ucciso proprio mentre si sta recando in parlamento, dove avrebbe dovuto illustrare il suo programma, dalla lama di Luigi Brunetti, figlio di Angelo, meglio noto come Ciceruacchio, tra due ali di folla che lì si è riunita per protestare contro il ministro Rossi. Un omicidio premeditato, voluto dalla Carboneria romana, che ha spento la sua vita e un decennio dopo anche la sua idea di una Italia federalista.
Maurizio Munda