di Manuela Plastina
"Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola. É un ospedale che cura i sani e respinge i malati". Tutto l’insegnamento di Don Lorenzo Milani sintetizza quell’"istruzione di qualità, equa e inclusiva" e le "opportunità di apprendimento permanente a tutti" indicate come obiettivo anche dall’Agenda Onu 2030.
Nel centenario della nascita di Don Milani, la Fondazione che porta il suo nome partendo da Barbiana sta organizzando tante iniziative sul territorio italiano per riscoprire più che la sua figura, i suoi insegnamenti concreti, come spiega il presidente Agostino Burberi.
Presidente, riscontrate ancora un interesse vivo nei confronti di Don Milani da parte del mondo istituzionale e anche dei docenti di oggi?
"Si è riaperta un’attenzione nei confronti del suo insegnamento. Nel 2017, a 50 anni dalla sua morte, è venuto a Barbiana il Papa. Il prossimo 27 maggio arriverà il presidente della Repubblica. È il riconoscimento completo della sua figura e del suo insegnamento".
"Lettera a una professoressa" è un libro letto in tutto il mondo.
"E’ conosciuto in tutti i Continenti, tradotto in moltissime lingue e dialetti. Abbiamo saputo che in Giappone dove stanno discutendo la riforma scolastica, le idee di Don Milani sono al centro del dibattito".
I nostri giovani lo conoscono? "Ci sono 975 scuole in Italia intitolate a Don Milani. Ma spesso il nome non corrisponde a una conoscenza vera. Tra febbraio e maggio abbiamo ogni giorno due scolaresche in visita a Barbiana, per un totale di un centinaio di ragazzi quotidianamente. Ma non tutti vengono adeguatamente preparati e di conseguenza se ne vanno senza portare con sé niente di nuovo. Incontriamo però anche tanti docenti che li hanno preparati a monte, che permettono loro di arricchirsi da questa conoscenza e visita e che portano avanti progetti a tutti i livelli scolastici".
La scuola di oggi è davvero inclusiva ed equa?
"Sono stati fatti passi in avanti sul fronte dell’inclusione, anche sulla scia dell’insegnamento di Don Milani. C’è molta più attenzione ai ragazzi con problematiche e all’insegnamento di sostegno. Ma mancano le risorse. Manca lo stimolo perché le nuove generazioni vedano la scuola come strumento alla base della cultura per poi diventare i motori del cambiamento e di miglioramento della nostra società. I dati sulla dispersione scolastica poi sono preoccupanti".
Quanto è importante il ruolo dell’insegnante?
"Fondamentale. Ma deve avere alla base dei valori. Non ci si improvvisa insegnanti, non è un mestiere che si può fare senza motivazione: i ragazzi percepiscono se il docente è realmente interessato a loro e ricordano chi si è impegnato nei loro confronti. Spesso poi manca il riconoscimento del valore dell’insegnamento: una volta nei paesi il prete, il sindaco, il farmacista e il maestro erano coloro che contavano, a cui ispirarsi. Ora l’immagine modello dei giovani sono il calciatore, le veline, gli influencer. Dobbiamo riportare la scuola e lo studio al centro".
Cosa può insegnare Don Milani oggi?
"A fare cose concrete per educare i nostri giovani: distratti dai telefonini non si accorgono di quanto positivo c’è attorno a loro. Ci vogliono progetti concreti, fattivi, ci vuole la riscoperta della solidarietà. La scuola ci porta a sapere, a vivere, a migliorare la vita della nostra società. Non dobbiamo dimenticarlo".