La robotica educativa "Un mezzo e un fine: aiutare a far crescere la coscienza collettiva"

Pericle Salvini, fondatore di Great Robotics, spin off della Scuola . Sant’Anna e ricercatore all’Università di Oxford, spiega l’importanza. e i vantaggi di un approccio anche scolastico al mondo dei robot.

La robotica educativa  "Un mezzo e un fine:  aiutare a far crescere  la coscienza collettiva"

La robotica educativa "Un mezzo e un fine: aiutare a far crescere la coscienza collettiva"

PISA

La scuola e l’apprendimento non sono costellazioni calcificate che puntellano uno iato rispetto a un mondo in mutazione continua. E i robot, dalla scuola materna fino agli istituti superiori, prendono la forgia di mezzo e fine per raggiungere i più svariati obiettivi. È guardare in un caleidoscopio dove si svela un abbraccio interdisciplinare, capace di inglobare generazioni diverse: avvicinarsi a un robot non significa solo capire come esso funzioni, e dotarsi di risposte e strumenti per captare quel mondo che si mastica ogni giorno, quasi inconsapevolmente, maneggiando un banale tablet.

Pericle Salvini, fondatore di Great Robotics, spin off della Scuola Sant’Anna e ricercatore all’Università di Oxford, partiamo, come a scuola, dall’ABC. Che si intende per robotica educativa?

"Semplicemente la robotica per lo sviluppo di abilita’, conoscenze e competenze. In questa direzione ci rivolgiamo a una platea giovanissima che, in una moltitudine di casi, è già avvezza a robotica e intelligenza artificiale, e non parliamo di universi lontani ma di strumenti e linguaggi a disposizione di tutti, perché ci riferiamo a qualcosa che è parte intrinseca dell’uso quotidiano. E’ fondamentale che la scuola faccia conoscere le tecnologie perché sia, in primis, consapevole l’uso che se ne deve fare. L’obiettivo è la crescita, lo sviluppo di conoscenze e di creatività. Ma il modo per arrivare a traguardare questo obiettivo, ossia la robotica non solo come mezzo ma anche come fine, deve passare dallo sviluppare una coscienza collettiva in ambito scolastico".

I robot da automatismi a cadenza narrativa che supera il linguaggio artificiale e si fa realtà.

"Vuole un esempio pratico? Nelle scuole materne il più semplice dei robot può aiutare nell’orientamento e nella lateralizzazione del lato destro e sinistro. I robot parlano lo stesso linguaggio dei giovani. Sono codici che i ragazzi riconoscono più facilmente perché vengono usati nel quotidiano. E’ un linguaggio che va in automatico".

Ricapitolando: la tecnologia robotica non è solo fine a se stessa, ma parte integrante di un percorso educativo. A che punto siamo?

"Rispondo con una riflessione. La scuola deve sviluppare lo spirito critico. L’innovazione robotica e tecnologica deve essere ‘guidata’ dal senso di responsabilità. Allenare le nuove generazioni alla robotica significa accrescere la conoscenza di questa tecnologia, oltre che acquisire nuove abilità e di conseguenza migliorare l’uso che ne faremo, superare il gap generazionale fra adulti e bambini e porsi una serie di domande".

Quali, ad esempio?

"Cosa vogliamo dai robot e cosa dobbiamo chiedere loro. Gli studenti di oggi saranno gli inventori del futuro, governeranno il domani. Dobbiamo fornire loro strumenti per affrontare ciò che avverrà".

E come la mettiamo con gli umanisti?

"Bella sfida. La letteratura da secoli, e poi il cinema, offrono spaccati in cui l’uomo vuole creare un altro essere con le sue capacità. Si potrebbero intersecare temi che, con la robotica, toccano, letteratura, filosofia, etica e religione. Un grande ragionamento che può iniziare a dare risposte a livello educativo".

llenia Pistolesi