Tradizione in tavola. La farina di castagne. Noceto insegna il metodo

Nell’antico borgo l’operazione si tramanda da intere generazioni. La famiglia Della Tommasina è tra quelle più attive nel portarla avanti.

Tradizione in tavola. La farina di castagne. Noceto insegna il metodo

Nell’antico borgo l’operazione si tramanda da intere generazioni. La famiglia Della Tommasina è tra quelle più attive nel portarla avanti.

A Noceto la produzione di farina di castagne si tramanda da intere generazioni. Un lavoro certosino che si perde nella notte dei tempi di questo prodotto tipico del territorio apuano, in particolare di questo piccolo paesino sulle colline reso unico per la presenza di boschi di castagno. Tra chi continua a portare avanti questa tradizione centenaria c’è Paola Della Tommasina, che ha imparato questa tradizione da sua madre, Anna Marcucci.

La famiglia Della Tommasina produce la farina per uso personale ed è proprietaria di due essiccatori, uno veramente storico. La procedura per fare la farina di castagne spesso è materia di studio per numerose scolaresche che raggiungono Noceto per vederla dal vivo. Come si realizza la farina di castagne? "Intanto si devono raccogliere le castagne facendo una cernita molto accurata – racconta la signora Anna –, non raccogliendo quelle con i buchi o danneggiate. Una volta terminata la raccolta, che dura anche diversi giorni, le castagne vengono portare nell’essiccatoio, un ambiente dove le castagne vengono lavorate per le fasi successive".

E quali sono? "Le castagne vengono disposte sotto dei ciocchi di castagno e sopra a delle tavole di legna a circa due metri e mezzo di altezza. A questo punto inizia l’essicazione vera e propria che avviene tenendo alimentato un fuoco morto, ossia un leggero fuoco a brace molto bassa che emette molto fumo. Il fuoco viene alimentato utilizzando la legna di castagno recuperata dal castagneto dopo interventi di potatura o di taglio di piante ormai secche".

E quindi le castagne sono pronte per la macina? "No, il tempo di essicazione dura circa quaranta giorni, e dopo circa venti giorni, quando iniziano ad imbrunirsi devono essere girate. Terminati i quaranta giorni vengono messe dentro una sorta di tubo che le manda all’esterno, le bucce da una parte le castagne dall’altra. A questo punto si iniziano a frantumare e poi si passano al setaccio, un contenitore che dalle nostre parti si chiama ‘bugnol’. Dopo questa operazione le castagne si portano a casa e qui inizia il bello".

Ovvero, "le stendiamo sul tavolo e ci mettiamo a scegliere le più belle ed eliminiamo la pellicina, altrimenti la farina diventa amara". E a questo punto "le castagne sono pronte per diventare farina, noi le portiamo a macinare al mulino ad acqua di Aulla". Come si cucina questa farina? "Ci sono tanti piatti che si possono realizzare come il castagnaccio, frittelle, pattone, tagliatelle con metà farina bianca, polentina con il latte o da accompagnare con il cinghiale o altre carni. Le nostre castagne sono molto buone perché sono carpinesi, non selvatiche. I nostri castagni li aveva piantati mio nonno. Adesso ci sono meno castagne di quando ero bambina perché molte piante sono malate a causa di una cinipide". Alessandra Poggi