Coloro che amano definirsi “collezionisti” possiedono decine di veicoli d’epoca, ma la passione è la stessa, forse anche maggiore, per coloro che di vetture classiche ne posseggono solo due, ma sono frutto di un lavoro di restauro certosino e maniacale, come solo i veri appassionati di motori possono svolgere. Alberto Borgioli, membro del Kursaal Club di Montecatini, ne è un esempio. «Noi siamo dei “custodi” - spiega Borgioli -, la parte che ci appassiona di più è quella del restauro. Molti comprano l’auto d’epoca per l’investimento, noi vogliamo trasmettere la nostra passione alle generazioni future attraverso degli ottimi restauri». L’amore di Borgioli per le auto nasce da ragazzo, quando già smontava e riparava motori, un gesto che ancora oggi svolge in compagnia dei suoi amici restauratori. La sua prima auto restaurata è stata un’Alfa Romeo Spider “Osso di seppia”, poi sono arrivate una Jaguar del 1951 e una Porsche Speedster del 1989, prima di una rarissima Austin-Healey del 1957, protagonista di questa storia. Austin-Healey è un ormai defunto Marchio inglese di auto sportive, il modello restaurato da Alberto Borgioli è una 100/6 BN4 del 1957. Trattasi di uno dei modelli più iconici dell’epoca, dove linee pulite e ampie si mischiavano armoniosamente con delle forme aerodinamiche all’avanguardia. La storia della vettura ha un forte legame con le competizioni. All’inizio del 1957 infatti vennero costruite un centinaio di Healey per le competizioni con motori più potenti a 6 cilindri, 2.700 di cilindrata, ma con modifiche all’aspirazione consistenti in carburatori montati più inclinati e con la testata a sei porte ad alta compressione, che aumentavano di molto la potenza. Questi motori da corsa modificati furono montati sulle auto di serie solo per tutto l’anno 1957, e pertanto furono solo 305 esemplari. L’auto di Borgioli è una di questi 305 esemplari prodotti. In origine l’auto era provvista di tutti i suoi pezzi, ma in condizioni pessime di conservazione. Il colore era grigio metallizzato, ricopriva un rosso arancio, che a sua volta copriva il colore originale, il Pacific Green. Con lo smontaggio, Borgioli - che in questo restauro ha ricevuto l’aiuto fondamentale dell’esperto meccanico in pensione Paolo Corbinelli – ha rintracciato il colore originale della carrozzeria, e il colore e il tipo di pelle da utilizzare per il rivestimento. Allo smontaggio è seguita la sabbiatura ad H2O che ha consentito di non traumatizzare la carrozzeria specialmente dove questa era più debole, portando il metallo a nudo. A questa sono seguiti i lavori di lattoneria, sono state sostituite le parti irrecuperabili perché mangiate dalla ruggine e dall’ossido, e aggiustate le meno lesionate. Subito dopo la fase della lattoneria, sono state sigillate tutte le saldature per prevenire la futura corrosione e successivamente sono state applicate quattro mani di base e due mani di rivestimento trasparente per ottenere una finitura profonda. Il colore è stato rifatto secondo gli standard della casa madre, con il Pacific Green capace di variare il suo croma a seconda dell’ intensità della luce: con molta luce ha colore verde, con poca luce diventa blu. Passando agli interni, questi ultimi erano molto lesionati e di colore nero, non consoni alle specifiche dell’heritage. Pertanto sono stati sostituiti, seguendo le indicazioni della casa madre, con rivestimenti di colore grigio crema bordati di verde. Borgioli e Corbinelli hanno realizzato a mano i sedili in pelle con i modelli originali BN4 (che differiscono da altri Healey), e nello stesso modo è stato fatto il rivestimento del cruscotto. Un isolamento termico è stato poi aggiunto ai pavimenti e al tunnel del cambio per ridurre le temperature della cabina di pilotaggio che altrimenti sarebbero state molto elevate: i grossi motori infatti avevano una dispersione termica eccessiva e portavano il vano guida a temperature insopportabili. Sopra il rivestimento termico è stata applicata una moquette di colore verde come in origine. Il tetto e il tonnau sono stati tutti realizzati su misura in mohair antracite, ottenendo in tal modo sia un'estetica molto più lussuosa che una maggiore tenuta all'acqua. Insomma, alla fine si è trattato di un restauro senza dubbio faticoso ma divertente. Impegnativo anche perché, essendo un’auto inglese, la documentazione non era disponibile ma andava ricercata attraverso vecchie pubblicazioni quasi introvabili. Non è stato altrettanto semplice reperire o rifare le parti originali non più utilizzabili da sostituire. Inoltre, Borgioli è stato ospite nell’officina di un amico che condivideva la sua stessa passione per avere a disposizione un ponte e tutta la strumentazione necessaria per il restauro. Ma alla fine, il duro lavoro ha sicuramente ripagato.
MotoriAustin-Healey, restaurata una bellezza senza tempo