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Silvia Giannetti attraversa le strade dell'America Latina in sella a una moto
Sui suoi profili social si legge: “Campionessa internazionale di Rally Raid TT ed unica donna italiana partecipante sul podio a due Dakar”: Silvia Giannetti può vantare un curriculum davvero eccezionale, arricchito da tanti successi sportivi in sella alla propria moto. Grossetana, 53 anni, Silvia ha trionfato nei Rally in Tunisia, Marocco, Dubai, nel Rally dei Faraoni in Egitto e nel nostrano Motorally, oltre che in gare di enduro. Successi che l’hanno resa famosa e con i quali lei convive in modo sobrio: «È davvero incredibile - afferma - quante persone ancora oggi si ricordino dei miei successi alla Dakar, lontani ormai circa 15 anni. Questo mi fa piacere e mi fa comprendere che grandi traguardi io abbia raggiunto». La sua doppia, magnifica esperienza alla Dakar è datata 2010 e 2011, quando raggiunse risultati incredibili nella categoria femminile, con il secondo posto del 2010 e il terzo posto del 2011 (Dakar Argentina-Cile). E pensare che la sua passione per la moto (e per l’Africa) iniziò quasi per caso: «Esattamente nel 1999 - racconta divertita Silvia - quando mi recai per un viaggio in Marocco, durante il quale mi appassionai a questo grande e coloratissimo continente, che tanto fascino emana. L’anno dopo, decisi di tornare. Ma stavolta in compagnia di una moto enduro». Poi, nel 2004, l’incontro con l’indimenticato Fabrizio Meoni in Tunisia: «Fu lui ad incoraggiarmi, fu lui a dirmi che ero brava - sottolinea Silvia -. Fabrizio ha rappresentato senza dubbio una figura di fondamentale importanza per me e per la mia formazione agonistica. Presi al volo quella sua esortazione e l’anno dopo eccomi al mio primo rally di Tunisia, dove la profezia di Meoni in un certo senso si realizzò: nella tappa più impegnativa, mi feci largo in sella a una Beta RR 400 originale, contro 85 uomini». Fu, quello, l’ideale inizio di una carriera folgorante, che Silvia Giannetti ha sempre condotto in prima persona, senza particolari aiuti, facendo esclusivamente leva sulla sua passione e forza di volontà: «Oggi devo ringraziare la Honda Italia - sottolinea la campionessa -, mia compagna di tante battaglie, Smotard, Dunlop, Acerbis e Hugerock che mi stanno supportando oggi. Devo ringraziare anche tutte le aziende che hanno creduto in me e che hanno reso possibile le mie imprese. Per il resto, ho sempre fatto tutto da sola, senza meccanico e dormendo in tenda e sacco a pelo. In questo modo ho partecipato a otto gare del Mondiale Rally, portandole tutte a termine e vincendo sempre nella categoria femminile». Ma il sogno della Dakar, come detto, dopo una mancata partecipazione già nel 2008 a causa del timore di attentati terroristici che ne pregiudicarono lo svolgimento, si materializzò nel 2010: «Ho corso le due Dakar nel 2010 e nel 2011 - ricorda con emozione la toscana - e ho raggiunto un 2° e 3° posto nella categoria femminile, arrivando sempre sul podio. E oggi, a distanza di 15 anni, raccolgo i frutti di quei risultati, perché sono in tanti che mi riconoscono, mi fermano, solo magari per farmi i complimenti o per stringermi la mano». Ci si chiede se vi sia un segreto per le eccezionali performance avute in carriera: «Correre da privati è dura: vuol dire risparmiare la moto, le gomme e il motore - ammette Silvia - ma la vera strategia vincente è stata forse quella di non farsi prendere dalla competizione, dal dover battagliare con le rivali a tutti i costi. Occorre gareggiare con i propri tempi, con il proprio passo: solo così arrivi bene e fino in fondo». Fin qui abbiamo tracciato il capitolo agonistico di Silvia Giannetti. Che però è una donna poliedrica, dalle mille sfaccettature. E dal cuore grande, che la sta portando, già da diversi anni, a dedicarsi al sociale e alla solidarietà. Una vocazione che ha abbracciato grazie al grande insegnamento di vita che le due ruote sono state in grado di darle. Oggi, Silvia, sta portando avanti un progetto in Perù e aiuta migliaia di bambini di comunità indigene della Foresta Amazzonica, i quali vivono in condizioni di estrema povertà: «Nel 2016 decisi di fare un viaggio in Argentina e Cile con la mia moto - racconta la campionessa - tre mesi fuori e oltre 22.000 mila km percorsi da sola, ripromettendomi l’anno successivo di visitare il Perù e la Bolivia. Dopo aver rilasciato un’intervista a La Nazione, nella quale mi capitò di parlare di questo mio viaggio, fui contattata da una persona, Franco De Panfilis, importante importatore di prodotti bio, il quale ha sempre creduto che il cibo potesse essere fonte di solidarietà. Fu lui a propormi di andare a conoscere le comunità indigene di quelle zone. E fu da allora che mi appassionai a questa meravigliosa forma di solidarietà, che ho portato avanti con ogni mezzo e risorsa. E che continua ancora oggi: sto ancora finanziando con il mio contributo e con l’aiuto di tanti amici quelle popolazioni e, anzi, spero presto di poter tornare in quei luoghi, che per me avranno per sempre un significato speciale».