Aghinolfi, il ’gioiello’ fortificato. Una rocca che fece gola a molti

Dai fiorentini ai genovesi, passando per i pisani e i lucchesi: il mastio era visto come punto strategico. Solo nel 1847 il maniero passò sotto gli Estensi di Modena che governavano lo Stato di Massa Carrara. .

Aghinolfi, il ’gioiello’ fortificato. Una rocca che fece gola a molti

Aghinolfi, il ’gioiello’ fortificato. Una rocca che fece gola a molti

La caratteristica sagoma del mastio ottagonale compare da lontano e la sua posizione privilegiata è così evidente ancora oggi, che non è difficile intuire che un tempo è stato un sito strategicamente importante, posto tra le vicine montagne e le pianure paludose, terra di confine per eccellenza, posizione dominante sulla sottostante via Francigena. Nel suo piccolo, anche il castello Aghinolfi è un piccolo gioiello della piccola Montignoso, l’insieme di ancor più piccole frazioni che vanno dal monti al mare: Cerreto, Capanne, Debbia, Parlascio, Piazza, Prato, Renella, Sant’Eustacchio, Cinquale.

Dall’alto della sua posizione, il castello è testimone di tutti gli avvenimenti che si susseguono ai suoi piedi, ma anche al suo interno. L’importanza risale all’età bizantina, ma nella seconda metà del VII secolo sono i Longobardi ad impossessarsi del maniero, già citato dal re Astolfo nell’anno 753, nel corso della loro avanzata e il suo nome deriva da Aginulfo, probabile funzionario della corte longobarda. Secondo studi e campagne archeologiche di scavo negli anni ’90 del ‘900, il mastio ottagonale risalirebbe invece alla metà del secolo XI, quando, nel 1063, al suo interno è testimoniata la presenza del papa Alessandro II, mentre dal XIV secolo al castello Aghinolfi viene sempre associata la pieve di San Vito.

Nei secoli seguenti il territorio di Montignoso e la sua rocca sono al centro delle dispute tra fiorentini, lucchesi, genovesi e pisani e dal 1148 il nome del castello Aghinolfi è associato con la Pieve di San Vito. Così, dopo l’invasione dei fiorentini del 1438, Montignoso passa definitivamente ai lucchesi nel 1513 dove, seppure tra continue dispute sui confini con i vicini massesi, vi resta fino al 1796, quando arrivano le truppe francesi. Quella lucchese è la dominazione più duratura, la città tenta più volte la ribellione, ma è sotto questa dominazione che Montignoso prospera per secoli: nel 1540 e nel 1763 si dota di due statuti, l’economia cresce, anche se spesso la popolazione deve fronteggiare lo straripamento dei canali e nelle paludi costiere la malaria resta sempre un pericolo in agguato.

Nel riordino amministrativo operato dai francesi, Montignoso è assegnata al governo lucchese dei Baciocchi, invisi alla popolazione che non esita a festeggiare le vittorie austriache. Con la Restaurazione del 1815, in virtù di alcuni articoli del trattato di Vienna, nel 1847 Montignoso passa sotto gli Estensi di Modena che già governano anche il vicino stato di Massa-Carrara. Lasciato in abbandono, l’Aghinolfi è tornato a nuova vita alla fine degli anni ‘90 del secolo scorso quando, un restauro e una ricostruzione di opere murarie non più esistenti, gli hanno restituito il suo antico aspetto di imponenza. Nei secoli il castello Aghinolfi ha assistito al transito di eserciti, al passaggio dei pellegrini, alle dispute di confine e ai dispettucci con i confinanti massesi. Dopo il restauro ha vissuto di luce propria per qualche tempo, prima di ricadere in un oblio malinconico, ma lui è sempre là, pronto a raccontare tutto quello che ha visto.

Maurizio Munda