Eugenio GianiFIRENZENella storia italiana è stata solo una parentesi, più breve di quella che tutti avevano messo in conto. E tuttavia a Firenze i pochi anni di Firenze capitale hanno lasciato segni così duraturi e tanto hanno contribuito a fare di Firenze quella che oggi è che è importante tenerne ferma la memoria: e bene fa un quotidiano come La Nazione, che a quegli anni come a tutto il processo di unificazione nazionale è intimamente legato, a ricordarli e a celebrarne il centosessantesimo anniversario.
Tanti sono gli anni trascorsi da quel 3 febbraio 1865 da quando re Vittorio Emanuele si trasferì sulle sponde dell’Arno stabilendosi a Palazzo Pitti, che già era stata reggia dei Medici e poi dei Lorena. Per l’ultima volta nella sua storia Firenze si apprestava così a essere capitale: non più del Granducato costruito secoli prima da Cosimo ma del Regno di Italia proclamato appena pochi anni prima.
Difficile dare un giudizio univoco sulla stagione di Firenze capitale: un periodo senz’altro di luci e ombre. Per essere capitale all’altezza dell’Italia e dell’Europa la città investì molto per poi ritrovarsi con la capitale trasferita a Roma. E non sbagliò certo chi, come lo stesso Bettino Ricasoli, aveva pronosticato lo scotto da pagare. Una “tazza di veleno”, così il Barone aveva definito questo trasferimento da Torino.
E se tazza di veleno fu, Firenze la bevve con senso del dovere e facendo quello che doveva essere fatto. Lamentandosi magari di tutto ciò che la capitale significò anche per quando riguarda gli innumerevoli cantieri, l’aumento degli affitti e dei generi alimentari, l’invasione dei tanti funzionari sabaudi con cui non fu facile convivere.
Ma allo stesso tempo Firenze si rimboccò le maniche e fece quanto poteva fare – forse anche di più – per essere davvero all’altezza di una capitale europea: il risanamento del centro, i viali, i progetti del Poggi che ci regaleranno piazzale Michelangelo, i progetti insomma che tanto ci faranno perdere ma che anche aggiungeranno alla città medievale il prestigio e le atmosfera di una grande città internazionale.
Per non dire della presenza della diplomazia e delle società, dei tanti istituti culturali nazionali nati proprio in quegli anni a Firenze, del fiorire del giornalismo e dell’editoria, in un’esplosione senza precedenti.
Durò poco, è vero, e rimasero le casse vuote. Ma anche così Firenze dette un contributo insostituibile al processo di unificazione nazionale dopo la proclamazione del Regno: che con Firenze capitale si fece appunto meno piemontese e sabaudo.
E anche senza capitale, aggiungo, Firenze rimase punto di riferimento nazionale ed europeo, per il suo passato ma anche nel suo presente, nelle arti, nella cultura, nella possibilità di incontri tra popoli e culture.*Presidente della Regione Toscana