ANTONIO MANNORI
Sport

Bartali l’uomo di ferro: "Mio nonno Ginettaccio così schivo da nascondere le staffette per gli ebrei"

"Tanti ricordi bellissimi, come quando guardavamo il Giro in televisione. Salivo in mansarda col cuore in gola per tutte quelle maglie e coppe".

Bartali l’uomo di ferro: "Mio nonno Ginettaccio così schivo da nascondere le staffette per gli ebrei"

Bartali l’uomo di ferro: "Mio nonno Ginettaccio così schivo da nascondere le staffette per gli ebrei"

Uomo di ferro come è stato definito dai francesi, oppure l’Intramontabile, Gino Bartali grandissimo personaggio per meriti sportivi e umanitari, vincitore di due Tour a 10 anni di distanza (’38 e ’48) raccontato con immenso piacere dalla nipote Lisa impegnata a 360 gradi nel portare avanti la memoria del nonno.

"Era un nonno tenero e schivo al tempo stesso, schietto e molto semplice. Con lui si parlava di tutto, ma raramente di ciclismo. Perché il ciclismo era talmente la sua vita, che nella quotidianità preferiva dedicarsi ad altro". Tanto che per 50 anni ha tenuto nascosto quei gesti umanitari per salvare gli ebrei che faceva.

"Un gesto nobile, quei viaggi in bici tra Firenze e Assisi, poi attorno al Duemila qualcosa trapelò e la notizia fu nota, anche se non l’aveva mai voluta dire".

È stato fatto tutto per ricordarne le gesta?

"Non saprei, le iniziative non sono mancate, dalle vie e piazze con il suo nome, alle scuole, una traccia anche nell’esame di maturità, gare e manifestazioni, soprattutto anche nell’ultimo periodo. Anche in Francia dove è stato ammirato, ricordo quella magnifica targa che c’è a Briancon, città dove vinse tre tappe". Il Tour de France a Firenze anche in suo onore.

"Un’opportunità straordinaria non solo per ammirare le bellezze della città, ma occasione per dare lustro a illustri fiorentini come è stato il nonno".

Un ricordo particolare di Ginettaccio?

"Ce ne sono tanti, voglio ricordare la prima bicicletta che lui mi regalò per il quattordicesimo compleanno, una Bimm Bartali che ancora conservo. E con lui imparai a pedalare nel parco giochi di piazza Elia Dalla Costa, il cardinale con il quale il nonno collaborò per salvare tanti ebrei".

Ed i grandi Giri seguiti nel salotto di casa in tv?

"Un altro momento indimenticabile, così come quando salivo in mansarda assieme alle cugine nonostante la nonna non volesse. Ma quell’angolo era speciale con maglie, coppe, cimeli e medaglie".

Suo nonno era religioso, è vero che pregava molto?

"Sì, ogni anno allestivamo il presepe ai piedi dell’altare nella cappellina che aveva a casa, dedicata a Santa Teresa del Bambin Gesù. Quella cappellina dal 2018 è nel Museo della memoria Assisi 1943-1944. Il ricordo di nonno Gino Bartali c’è anche nel museo a lui dedicato, a Ponte a Ema, di fronte alla sua casa natale".

Lei, Lisa, ama da sempre la mobilità urbana...

"È vero, la bicicletta soprattutto in città, era e deve essere ancora il mezzo di spostamento urbano funzionale ed ecologico. La uso tutti i giorni per i percorsi casa/lavoro è così dovrebbe essere anche per gli spostamenti urbani di vario genere, per andare a scuola e le proprie necessità. Uno strumento che avvicina le persone e permette quegli spazi che diventano sempre più difficoltosi. Ci fosse ancora in vita il nonno probabilmente direbbe la celebre sua frase ’L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare’".

È vero che non piaceva si parlasse di lui?

"Proprio così non gli piaceva si parlasse di lui e non voleva tutta la popolarità. Non gradiva i titoli di prima pagina sui giornali e nemmeno i troppi complimenti. A mio padre diceva di studiare, è meglio lavorare che fare il ciclista e il nonno seppe superare anche la perdita di un fratello. È bello portare la sua storia nelle scuole, per parlare della seconda guerra mondiale e per finire al ciclismo con Gino Bartali".