Che Ciccia C’è, gusto e qualità «Qui niente primi per scelta. La carne è il fiore all’occhiello»

Il ristorante è nato dieci anni fa in piazza del Collegio. La titolare Silvia Romoli è affiancata dal marito Marco Ciardi: «Vengo da una famiglia di macellai. Questo locale è un sogno realizzato»

Silvia Romoli è la titolare del locale «Che Ciccia C’è», affiancata dal marito Marco Ciardi, un nome che nella ristorazione e nella macelleria ha una lunga storia familiare. Il ristorante è punto di riferimento per la selezione di carni di alta qualità (foto Attalmi)

Silvia Romoli è la titolare del locale «Che Ciccia C’è», affiancata dal marito Marco Ciardi, un nome che nella ristorazione e nella macelleria ha una lunga storia familiare. Il ristorante è punto di riferimento per la selezione di carni di alta qualità (foto Attalmi)

Esattamente dieci anni fa, nel cuore di Prato, in piazza del Collegio, nasceva «Che Ciccia C’è», un ristorante dedicato alla carne che, da subito, ha conquistato gli amanti della buona bistecca. L’idea è di Silvia Romoli, titolare del locale, affiancata dal marito Marco Ciardi, un nome che nella ristorazione e nella macelleria ha una lunga storia familiare. «Vengo da una famiglia di macellai», racconta Ciardi. «I miei nonni erano mediatori di bestiame, mentre mio padre, insieme ai suoi tre fratelli, gestiva diverse macellerie a Prato, in piazza Mercatale, in via Bologna e alle Case Fanfani in viale Borgovalsugana. Tutti i nipoti maschi della famiglia sono diventati macellai: la carne fa parte del nostro dna». Un percorso che Ciardi ha iniziato già negli anni ‘70, lavorando nella macelleria di famiglia, crescendo insieme al padre Fiorenzo, molto conosciuto nell’ambiente, che gli ha insegnato l’arte dei tagli e della selezione della materie. «A parte un breve periodo, mi sono sempre occupato di carne, questa è stata ed è la mia vita», afferma con orgoglio. Prima di aprire «Che Ciccia C’è», aveva già avuto diverse attività a partire dagli anni ‘90, ma il ristorante di piazza del Collegio rappresenta la sintesi della sua passione: «Volevo creare un locale che racchiudesse tutta la mia storia legata alla carne, un progetto pensato per dare la mia versione della ristorazione e far conoscere prodotti d’eccellenza». Il ristorante si è presto affermato come un riferimento per la bistecca alla fiorentina e per la selezione di carni di alta qualità. «Mi sono tolto la soddisfazione di far apprezzare la nostra filosofia. Mia moglie si occupa della gestione della sala e dei clienti, mentre io sono il factotum della cucina: selezionare e preparare la carne è la mia grande passione», dice. E i clienti apprezzano. Il menù di «Che Ciccia C’è» riflette questa dedizione. Qui non ci sono primi piatti: «Quando ho aperto, ho deciso di servire solo antipasti e secondi, per esaltare al massimo la carne, vera punta di diamante del nostro locale». Il fiore all’occhiello è la degustazione di bistecche, che permette ai clienti di assaggiare carni provenienti da diverse parti del mondo. «Non manca mai la selezione toscana, lavoriamo con piccoli allevatori del Mugello, della zona di Firenze e della Maremma: chianine e altre razze allevate in Toscana, ideali per la vera bistecca alla fiorentina». Ma l’offerta non si ferma ai confini regionali: «Selezioniamo anche Fassona piemontese, Maremmana e carni estere di altissima qualità. Collaboriamo con piccoli allevatori di Spagna e Francia, e periodicamente inseriamo nel menù carni provenienti da Irlanda, Croazia, Polonia, Nuova Zelanda, Australia e Stati Uniti. In ogni momento, i nostri clienti possono scegliere tra sei e otto tipologie di carne diverse». Anche gli antipasti sono un omaggio alla tradizione, con affettati, tartare, crostini e polpette legate alla storia della famiglia. I secondi variano ogni tre mesi, con una selezione di braciole e bistecche, e l’estate porta con sé anche una scelta di carni bianche. «La mia carne preferita? Sicuramente la toscana, per la sua storia e tradizione. Il segreto per una buona bistecca sta tutto nella qualità dell’animale: deve essere allevato bene e all’aperto. La cottura poi è un’arte personale, ma per avere una bistecca davvero buona serve una carne eccellente». La conduzione del ristorante, aperto dal lunedì al sabato, è familiare e i coperti sono solo quaranta, senza doppi turni: «La passione per la carne non può avere fretta», sorride Ciardi. Dieci anni dopo l’apertura, il ristorante continua a essere un punto di riferimento per chi cerca carne di altissima qualità in un ambiente autentico e accogliente, che non corre veloce ma lascia il tempo di assaporare.


La storia

L’avventura nata 10 anni fa nella bella piazza del Collegio

ristorante che ciccia
Che Ciccia C’è

A marzo del 2015 apriva in piazza del Collegio, davanti al Convitto, il ristorante «Che Ciccia C’è» grazie alla determinazione di Silvia Romoli e del marito Marco Ciardi profondo conoscitore di carni. Il fondo all’angolo della piazza, chiuso da anni, è stato ristrutturato in modo semplice e elegante per dare vita a quello che ad oggi, è il tempio per gli amanti della carne.

La ricetta

Lo Storico Crostino (Scoperchiatura di bistecca)

Per 4 persone:

1 grossa cipolla rossa

200 gr scoperchiatura di Scottona

un cucchiaino e mezzo di pepe nero (la quantità insolita del pepe è il segreto della ricetta)

100 gr di stracciatella di burrata

8 fette di pane di bozza pratese

brodo vegetale e olio extra vergine di oliva

Preparazione: mettere a crudo in un tegame olio extra vergine di oliva (2 cucchiai), cipolla tritata grossolanamente scoperchiatura di Scottona tagliata a dadini piccoli, sale e pepe. Cuocere il tutto per 30 minuti (fuoco medio e tegame coperto), fare attenzione che non si attacchi sul fondo eventualmente allungare con un pochino di brodo. Dopo mezz’ora scoperchiare il tegame e a fuoco vivo fare ritirare l’intingolo. Friggere le fette di pane e bagnarle nel brodo (devono inumidirsi), mettere una generosa quantità di scoperchiatura (calda) e finite con della stracciatella a coprire il crostino. Un po’ di pepe non guasta mai.