di Olga Mugnaini
Stamani le Frecce Tricolori solcheranno il cielo di Firenze, per restituire a Franco Zeffirelli, a cento anni dalla nascita, l’abbraccio e l’onore che la sua arte merita.
Ma non è sempre stato così. Pur amando i suoi figli più illustri, la città, da sempre, è stata spesso matrigna, proprio con coloro che hanno avuto la forza, l’intelligenza e il coraggio di essere una voce fuori dal coro. Senza risparmiarsi, senza sconti, senza curarsi delle ostilità che avrebbero suscitato. Pagando il prezzo della schiettezza e della lucidità di pensiero. Con la convinzione che l’amore per l’amata Firenze meritasse il sacrificio.
Il Maestro Zeffirelli è stato così, un cittadino del mondo con la Cupola del Brunelleschi impressa negli occhi. Il suo orizzonte, la sua prospettiva, la sua ispirazione: "Quando sento che mi prende la depressione, torno a Firenze a guardare la cupola del Brunelleschi: se il genio dell’uomo è arrivato a tanto, allora anche io posso e devo provare a creare, agire, vivere", diceva il Maestro.
Quanto fosse grande e ammirato a livello internazionale si sapeva bene. Ma c’è voluto una raccolta di rime per dare una spinta all’amministrazione comunale affinché gli conferisse il Fiorino d’Oro, la più alta onorificenza riservata a chi, con il suo operato, rende gloria alla propria città.
Alla fine il Fiorino è arrivato. Ma col suo temperamento sagace e riottoso, conoscendo le tante polemiche e le pressioni di coloro che non erano stati d’accordo, poteva accettarlo e dire grazie? No di certo. E infatti all’allora sindaco Matteo Renzi mandò a dire che era dispiaciuto, ma lui, il 24 giugno 2012 non sarebbe andato a ritirare il premio a Palazzo Vecchio.
Ma neanche Renzi era persona che si lascia per vinto. E allora preparò al maestro una piccola imboscata: il 31 maggio del 2013, in occasione della presentazione della Fondazione Zeffirelli, dopo aver illustrato il progetto con tanto di plastico, Renzi si mise la fascia tricolore e a sorpresa gli consegnò il Fiorino, dicendo: "Maestro, lei un anno fa non è venuto, ma sono certo che stavolta non lo rifiuterà". Zeffirelli si commosse, guardò quella monetina d’oro e se la mise sul cuore.
Come del resto aveva fatto con la sua amica Oriana Fallaci, altra fiorentina grintosa e battagliera che dalla sua città aveva ricevuto molti dolori.
Zeffirelli si era battuto affinché l’intrepida giornalista ricevesse la stessa onorificenza da Palazzo Vecchio. Ma il 15 settembre del 2006 era morta senza Fiorino. Allora, pieno di tristezza, rabbia e affanno, era andato in un negozio di numismatica in via del Corso, aveva comprato lui un luccicante fiorino e il giorno del funerale di Oriana al Cimitero degli Allori lo aveva deposto sulla sua bara. Giustizia era fatto, a suo modo.
Pur da lontano, è sempre stato presente ad ogni dibattito che ha animano e diviso la città.
Da scenografo e architetto, c’era quando ci fu da schierarsi pro o contro la Loggia Isozaki agli Uffizi. La chiamava "uno sgabellone a 4 zampe alto 36 metri". Con la sua Oriana era pronto a incatenarsi, per scongiurarne la realizzazione.
C’era con le sue invettive e la sua voce tonante a gridare no a una tramvia che passasse in piazza Duomo: quei convogli gli sembravano un Eurostar. Ma si poteva tollerare qualcosa del genere! Se almeno le vetture fossero state un po’ più eleganti! Si batté, ancora con la Fallaci, per evitare il G8 del 2002: troppo fragile, la sua piccola e preziosa capitale della cultura, per sostenere quell’invasione. E Firenze troppo vittima di un’errata visione progressista, sosteneva.
Per queste e per tante altre sue idee, non era poi così adorato in riva all’Arno. Sarà anche per questo che, per avere una strada o una piazza alla sua memoria, si è dovuto aspettare l’anniversario della sua nascita. Stamani arriva finalmente il Belvedere Franco Zeffirelli, lassù a piazzale Michelangelo, vicino al Cimitero delle Porte Sante, dove il Maestro è sepolto. Con lo sguardo eternamente rivolto al Cupolone e alla sua Firenze.