Come nasce una stella: Antropova, il sogno italiano

Carriera / L’irresistibile parabola di Kate: dall’infanzia trascorsa in Russia fino al giuramento tricolore

Antropova

Antropova

Si è presa tutto in dodici mesi Ekaterina Antropova, Kate per gli amici, ma pronunciato all’inglese come la principessa del Galles, che il 10 agosto del 2023 giurava fedeltà alla Repubblica italiana e che l’11 agosto del 2024 vinceva una storica medaglia d’oro, giocando da protagonista le Olimpiadi di Parigi con la maglia di quell’Italia voluta a ogni costo. Ekaterina nasce in Islanda il 19 marzo 2003, per puro caso però, perché il padre è un pivot russo da 212 cm, cestista professionista nel campionato islandese. Novanta giorni dopo aver visto la luce, infatti, la piccola Kate è già a San Pietroburgo, dove trascorrerà l’infanzia e l’adolescenza. Inizia da bambina con la danza e poi con la ginnastica ritmica, ma cresce letteralmente troppo in fretta e a soli 14 anni è già alta 1 metro e 94. Eredità del papà, ma anche della presentissima mamma Olga, ex-portiere della nazionale russa di pallamano, che supera il metro e novanta e che decide di indirizzarla verso il volley. Oggi, a 21 anni, Ekaterina con i suoi 202 centimetri di altezza è la seconda pallavolista in attività più alta del mondo, dopo l’americana Dana Rettke, che svetta a 204. L’amicizia tra Olga e la leggenda della pallavolo russa Dina Yasakova, oggi scomparsa, ex giocatrice della Medinex, rimasta a vivere a Reggio Calabria, è il contatto che porta in Italia la sedicenne Kate, con il sogno nel cassetto di diventare una giocatrice professionista di volley. Il primo passo è quello giusto, Antropova inizia da una delle realtà più importanti per la crescita dei nuovi talenti della pallavolo femminile, la Volley Academy Sassuolo, dove dimostra che le giovanili le stanno strette. Passa in prima squadra e debutta giovanissima in A2, subito premiata come miglior giocatrice, attirando l’attenzione della Savino Del Bene di Scandicci, che, a posteriori, mette a segno il colpo del secolo. Ekaterina è subito MVP nelle vittorie in Challenge Cup e CEV Cup delle toscane e la trascinatrice di Scandicci alla prima storica finale scudetto, persa contro l’invincibile Conegliano e raggiunta dopo aver battuto in semifinale l’Allianz Milano di Paola Egonu. Proprio la rivalità con la regina del volley italiano, è stata disinnescata da Julio Velasco, capace di dosare presente e futuro, ritagliando comunque a Kate un ruolo da protagonista nella conquista dell’oro olimpico.