Tecnologie innovative. Con l’industria 4.0 è partita una nuova rivoluzione industriale

Jader Sabbi e Massimo Bonacci director e partner di PwC Italia declinano il cambiamento radicale dei processi produttivi che determinano la modernizzazione nelle imprese italiane e toscane, tra rischi e vantaggi.

L’emergere di nuove tecnologie, negli ultimi anni ha portato alla ‘quarta rivoluzione industriale’, definita da Schwab come la sfida più affascinante da comprendere al giorno d’oggi.

Se vapore, elettricità e informatica hanno trasformato l’assetto produttivo sostituendo competenze (e manodopera) con una forte componente tecnica e pratica, l’Industria 4.0 in generale (e l’intelligenza artificiale in particolare) riguarda il livello delle competenze cognitive (analisi ed elaborazione). Ne abbiamo parlato con Massimo Bonacci Partner di PwC Italia e Jader Sabbi Director di PwC Italia.

"L’intelligenza artificiale consente di simulare apprendimento, comprensione, risoluzione di problemi, processo decisionale, creatività e autonomia dell’uomo – spiegano - e i modelli di deep-learning possono “imparare” da dati grezzi e “creare” risultati statisticamente probabili. Assieme all’intelligenza artificiale, cloud computing, Vr/Ar (realtà virtuale/realtà aumentata) e IoT (Internet of Things) hanno accelerato il ritmo del cambiamento degli ultimi vent’anni. Come per le precedenti rivoluzioni, è in atto una modifica significativa del mondo del lavoro, che ha una duplice natura: quella di grande opportunità (in termini di potenziale creazione di benessere, aumento della produttività, e soddisfacimento di nuovi bisogni) e quella di sfida per la sostenibilità sociale ed economica".

L’integrazione delle nuove tecnologie riveste un ruolo cruciale anche per la competitività dell’Unione Europea, l’ottimizzazione dei processi produttivi e l’aumento degli standard di sostenibilità, sicurezza ed efficienza di tutte le componenti della value chain, dai processi produttivi alle catene di approvvigionamento.

Questo apre inevitabilmente al tema dei posti di lavoro a rischio sostituzione per la progressiva automazione di singole operazioni o di intere attività. "Le stime del World Economic Forum basate su un campione di 673 milioni di occupati – dichiarano ancora Bonacci e Sabbi - prevedono una perdita di 83 milioni di posti di lavoro nei prossimi cinque anni.

In Italia, secondo le prospettive Ocse, la quota di professioni ad alto rischio di automazione è del 30,1% (rispetto a una media Ocse del 27%). Questi dati vanno però bilanciati con i nuovi fabbisogni occupazionali della transizione tecnologica: sempre secondo le stime del World Economic Forum, sono 69 milioni le nuove occupazioni che nasceranno per l’adozione delle nuove tecnologie nei prossimi 5 anni, specie nei settori big data analytics, environmental management technologies, encryption e cybersecurity. A questo si aggiungono gli incrementi previsti per le occupazioni già esistenti come quelle relative ai profili Stem".

Di fronte a questa trasformazione così profonda occorre dunque agire su diversi fronti e con la giusta strategia. "Come prima cosa – spiegano - è necessario comprendere il cambiamento in atto per attuare politiche in grado di supportare la transizione, che impatterà sulle competenze delle unità lavorative. Alcuni elementi da cui partire sono la ricerca, le policy e l’attuazione del reskilling che, oltre a puntare sull’apprendimento di nuove competenze tecniche, dovrà formare le risorse perché sappiano adattarsi a lavori e contesti diversi e mutevoli". In secondo luogo occorre valutare gli effetti che la transizione tecnologica produce in ciascun contesto territoriale.

"In Toscana i settori maggiormente rappresentati sono quelli dei servizi alle imprese e del commercio – dichiarano Massimo Bonacci e Jader Sabbi – a cui seguono le costruzioni e la manifattura. Il 94,7% delle imprese presenti nella regione è dato da micro-imprese con meno di dieci addetti e l’Ia può effettivamente contribuire a ottimizzare i processi produttivi, riducendo costi e sprechi promuovendo l’alta qualità dei prodotti, attivando meccanismi “intelligenti” di monitoraggio e diagnosi o di simulazione di scenari complessi che migliorano la gestione delle risorse e quindi produttività e sostenibilità. Secondo Confartigianato in Toscana la difficoltà nel reperire risorse in grado di applicare tecnologie avanzate interessa il 54% delle posizioni lavorative aperte, rispetto a una media italiana ferma al 51,8%. Servono le giuste strategie adattive per poter convogliare le risorse in attività a più alto valore aggiunto".

Il terzo passaggio fondamentale è la collaborazione tra imprese, enti di ricerca e policy maker. "Un esempio positivo realizzato sempre dalla Regione Toscana è Start Cup – concludono – competizione che premia le migliori iniziative imprenditoriali ad elevato contenuto tecnologico. L’edizione 2024 è stata organizzata dall’Università degli Studi di Firenze e proprio quest’anno sono stati premiati tre progetti che si focalizzano sull’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi produttivi. Le startup rappresentano un motore in grado di creare posti di lavoro e contribuire alla crescita della produttività nel medio-lungo periodo, concorrendo alla trasformazione del sistema economico toscano sfruttando innovazione, tecnologia e competitività"

Lisa Ciardi