Una madre e un figlio, due personalità nel fermento culturale della Montignoso del XIX secolo, due personaggi che hanno lasciato un’orma nella loro epoca. Sono Bartolina Giorgini e Cesare Bertagnini: lei insegnante e pedagogista, lui studioso attratto irresistibilmente dalla chimica, mancato troppo presto. Bartolina Giorgini nasce nel 1810, per parte di madre è imparentata con gli Sforza, studia nel conservatorio di Lucca ma a 14 anni è già data in sposa a Pietro Bertagnini, anche lui montignosino, classe 1800, guardia nobile della regina Maria Luisa di Borbone.
La Giorgini si dedica all’insegnamento scolastico anche con alcune sperimentazioni pedagogiche, in anni in cui nell’istruzione prevalgono gli istituti religiosi. Nel 1841 fonda la scuola elementare dove i figli dei contadini possono imparare a leggere e scrivere, diventando un esempio per altre iniziative nelle città vicine. Non solo, ma nella grande sala di casa sua, insegna a leggere e scrivere ai bambini, mentre agli adulti impartisce lezioni di storia d’Italia e principi di economia domestica.
Dà vita anche ad una biblioteca circolante e ogni sera veniva dedicata al commento di un libro. In anni i cui l’80% della popolazione è analfabeta, lei si dedica alla elevazione morale dei contadini. La sua opera supera i confini della piccola Montignoso, così che educatori come Enrico Mayer e Raffaello Lambruschini la vogliono incontrare e nel 1845 riceve anche le visite di Giuseppe Giusti e Alessandro Manzoni.
Nel 1847 Montignoso passa sotto la giurisdizione del ducato di Massa e Carrara e se prima il duca di Lucca, Carlo Lodovico di Borbone, era amico di famiglia degli Sforza, il nuovo regime guarda con sospetto il suo lavoro. Nel 1857 perde prematuramente l’unico figlio Cesare e la Bertagnini si tuffa nella carità e ancora di più negli studi di filosofia, attratta dal pensiero del sacerdote e filosofo Antonio Rosmini. Muore nel 1896, lasciando come testamento i suoi discorsi pronunciati in occasione dei premi ai suoi scolari.
Cesare Bertagnini è l’unico figlio di Bartolina Giorgini. Nasce nel 1827 e dalla madre eredita l’interesse per gli studi. Nel 1842 inizia gli studi secondari a Massa, seppure ha i primi sintomi della malattia che lo porterà ad una morte precoce: l’anno successivo gli viene diagnosticata l’empatizzazione della parte posteriore del polmone destro, ovvero la mancanza di aria all’interno dell’organo.
Nel 1844 si iscrive all’Università di Pisa, facoltà di matematica applicata, nel 1846 è praticante nei laboratori di chimica, si laurea in chimica e nel 1855 è chiamato ad insegnare chimica nell’ateneo pisano. Nonostante la malattia, nel 1848 è volontario a Curtatone con il battaglione universitario. Rientrato a Montignoso dopo l’esperienza militare, nel 1849 è arrestato dai dragoni estensi e per 10 giorni è rinchiuso nel carcere di Massa. Nel 1851 viaggia per scopi scientifici tra Piemonte, Lombardia; oltre confine si reca a Parigi, in Svizzera, Germania e Belgio; visita l’esposizione universale di Londra.
Fa tappa anche a Milano per recapitare al Manzoni alcune lettere dalla figlia Vittoria, maritata a Giovanni Battista Giorgini. Compie ricerche sui semi e studi sugli acidi, sugli olii essenziali (la risposta delle piante agli stimoli esterni per una difesa contro erbivori e microrganismi patogeni, anche per attrarre insetti impollinatori), sulla fillirina (un dermo cosmetico).
Nel 1856 ottiene la cattedra di chimica all’università di Pisa, ma per poco tempo perché nell’anno seguente, dopo essere tornato da un viaggio in America, la emottosi se lo porta via all’età di 30 anni. “La chimica è stata la mia vita e la mia morte” ripete più volte prima di morire, perché la scienza gli aveva dato le gioie di averlo preservato dalle tempeste della gioventù, ma studiando chimica e matematica, lo aveva fatto al punto da rovinarsi la salute.
Maurizio Munda