Il mulino di Canevara. Uno spettacolo da rilanciare

Un edificio unico nel suo genere che conserva ancora macine in pietra. Il suo recupero finalizzato a rendere produttiva la struttura: cosa non avvenuta.

A sinistra il mulino al lavoro, sopra il torrente Frigido

A sinistra il mulino al lavoro, sopra il torrente Frigido

L’importanza di avere un mulino nel territorio. Canevara conserva un mulino ad acqua con macine in pietra, detto “dei Guerra”, unico nel suo genere in tutto il territorio massese. La struttura sorge sull’argine destro del fiume Frigido e racconta la sua storia fin dal 1778, come riportano le date sulle arcate dell’ingresso principale. Il proprietario originario fu un certo Pietro Andrei fu Nicola. Quando Lazzaro Guerra lo prese in affitto, si racconta che il mulino versasse in pessime condizioni. Lazzaro, la moglie Giovanna e la figlia Alma si dedicarono con passione all’attività molitoria, mentre l’altro figlio, Guglielmo, lavorava alle cave di marmo. Tuttavia un grave incidente costrinse Guglielmo ad abbandonare l’attività in cava e a seguire la tradizione di famiglia.

Intorno all’anno 1920, lavorò al Mulino degli Orsi e a quello dei Battelli, sul vicino torrente del Cartaro. Alcuni decenni dopo, e precisamente il 17 febbraio 1944, l’ingegner Giovanni Lazzoni (fu Beniamino) e Francesca Campeggi (fu Ignazio e vedova Lazzoni) vendettero a Guglielmo Guerra (fu Lazzaro) il mulino di Canevara con un opificio industriale. Il mulino, come in precedenza, versava ancora in pessime condizioni. Guglielmo, che aveva sposato Giulia Irma Grossi e dalla quale ebbe cinque figli (Dorando, Florio, Giulio, Giuseppe e Lazzaro), lo ristrutturò completamente e proseguì l’attività fino al 24 giugno 1972. Successivamente, cedette la parte al figlio Giulio e proseguirono insieme l’attività fino al 1980. Nel 1981, dopo la morte di Giulio, fu la moglie Fresia a prendersi cura della conduzione del mulino e lo mantenne in vita fino al 1994, anno della sua morte.

Un mulino funzionante ed in buone condizioni, dunque, che ha girato le pale fino a quando l’antica stirpe dei mugnai si è estinta con la morte dell’ultima erede, Fresia. A seguito di un’alluvione del Frigido (1996) si danneggiò seriamente la gora del mulino per cui le figlie di Fresia, le sorelle Guerra, incontrando notevoli difficoltà, decisero di metterlo in vendita. Il mulino venne acquistato così dalla Provincia con l’obiettivo di recuperarlo e riattivarlo, al fine di portare a completamento il percorso del “Progetto Castagno”, legato al recupero dei castagneti da frutto tipici della Valle del Frigido e quindi favorire l’antica tradizione della lavorazione delle castagne. Il mulino è stato completamente recuperato, così come la gora.

Recentemente, molti giovani si sono avvicinati alla tradizione della castanicoltura, attivando vecchi seccatoi. Purtroppo, per macinare le castagne (secchine) devono andare fuori provincia in quanto in tutto il territorio massese non ci sono più strutture di questo tipo.

Resta il mulino di Canevara, con organo macinante, asse motrice, tramoggia per la molitura di castagne, grano e granoturco. Il suo recupero era finalizzato a riattivare le funzioni dell’arte molitoria e rendere produttiva la struttura, cosa che non è avvenuta. I giovani castanicoltori sperano di poter vedere, un giorno non troppo lontano, pale e macine riprendere la loro antica funzione.

Angela Maria Fruzzetti