di Angela Maria Fruzzetti
La Casa Socialista di Forno è un monumento alla storia, cultura, tradizioni di una comunità e rappresenta le fondamenta del socialismo ai suoi albori. Forse l’unica rimasta in Italia, ancora oggi è un vivaio di anime, non più legate ai partiti politici ma allo spirito aggregativo, alla condivisione e alla socializzazione. La Casa Socialista racconta il mutare della società attraverso quelle mura in pietra che trasudano una storia ultra centenaria. E’ la lettura di oltre cento anni di storia della comunità fornese ( e non solo), da quando nel 1902 si coalizza nel paese una lega di cavatori e lizzatori collegata alla Camera del Lavoro di Carrara, di profonda matrice socialista. Il bisogno della comunità fornese di costruirsi un luogo dove ritrovarsi nasce a fronte dell’organizzazione capitalista stabilitasi, a fine Ottocento, a Forno con l’industria della filanda, fabbrica di cotone che portò in paese famiglie borghesi provenienti dalla Liguria e dal nord Italia.
Un impatto che scosse profondamente le coscienze di quel luogo, dove il lavoro era miseria e tragedie del marmo. Cominciarono a lavorare le donne, sfruttate ma consapevoli di una nuova libertà (per circa trent’anni l’economia di Forno fu prevalentemente femminile).
Facciamo un passo indietro: nel 1903 nasce a Forno la prima sede del Partito Socialista, mentre nel 1905 si registra l’acquisto del terreno dove sorgerà la Casa. In virtù della lotta proletaria dei lavoratori, si crea una profonda coscienza di classe. Nel 1909, proprio dentro la Casa ancora incompleta, si registra un congresso comunale del Partito Socialista e , sempre in quell’anno, Pietro Nenni fu presente a Forno come repubblicano. Fu inaugurata il Primo Maggio 1912 con “Vermouth d’onore” a tutti presenti. Quelle mura incastonate in un anfratto roccioso rappresentano un forte elemento formativo del senso di appartenenza a quella collettività.
Vi trovano sede la sezione del Psi, il club sociale, la biblioteca popolare, la pubblica assistenza. Ospita corsi di alfabetizzazione, veglioni, balli, iniziative politiche e sindacali. Con l’avvento del fascismo, la scritta diventa nera con la “Casa del fascio” e tante sono le memorie di quel periodo buio del secolo Novecento. Nel dopoguerra si rivendicano le origini e vi trova sede anche il P.C.I.
Siamo poi agli anni Duemila e i simboli di quei partiti ospitati da sempre sono morti e sepolti. Rimane la Casa un punto di ritrovo, ancora più aperto ai giovani, antica roccaforte della tradizione socialista che mantiene sulla facciata la scritta in vernice rossa, i simboli con tanto di libro aperto, falce, martello e sole nascente, a testimoniare un’epoca ormai radicalmente trasformata ma sempre vivace, attiva, produttrice di idee ereditate dalla forza e dall’ingegno di chi, oltre un secolo fa, si coalizzò per strappare alla roccia le pietre fondanti non solo della “casa dell’avvenire” ma della forza e della libertà del pensiero.