Alla scoperta dell’antica sapienza contadina per ritrovare nuove emozioni, assaporando profumi ed erbe di campo a km 0. Il tesoretto gastronomico è chiuso in un sfoglia che protegge un impasto di erbe, selvatiche o no, cotto negli antichi testi o, più semplicemente, al forno. E’ il layout dell’ormai celebre torta d’erbe della Lunigiana che sta diventando sempre più un tema da concorso. Non solo per chef patentati, ma più spesso per plotoni di casalinghe che si cimentano volentieri in preparazioni di ricette famigliari per esaltare un cibo davvero povero, ma dal gusto straordinario. Piatto antico che veniva preparato e cotto nei testi.
Le donne raccoglievano le erbe spontanee nei campi e poi dopo averle lavate, scolate e tagliate finemente venivano salate a freddo in una terrina o passate in padella con un pizzico di sale. Poi impastate con olio e formaggio parmigiano il ripieno viene disposto e racchiuso tra due sfoglie prima della cottura. Si dice che la torta d’erbe della Lunigiana sia anarchica perché ogni casalinga ha la sua ricetta. Difficile gustare due torte veramente gemelle. La ricetta che presentiamo oggi è quella della torta d’erbe selvatiche secondo la tradizione del territorio di Mulazzo.
La preparazione è di un’esperta e appassionata di etnobotanica e delle tradizioni contadine. Si chiama Tilde Ghironi e ha alle spalle una lunga carriera di insegnante elementare. Tanti ex alunni la invitano spesso per eventi amarcord e per ritornare ad ascoltare quella maestra mai dimenticata. La versione della torta d’erbe della signora Tilde è forse la più arcaica perché conta oltre 20 erbe selvatiche. Gli ingredienti del ripieno nel formato per 4-5 persone (testo con diametro da circa 30 centimetri) sono questi: 500 grammi di bietole tagliate finemente; 1 porro, 1 zucchino, 1 patata cruda tagliata fine e un assaggio di cavolo; 250 grammi di erbe spontanee (acetosella, borragine, camoglia, carota selvatica, centonchio, cicerbita, orecchietta, ortica (cime) pappagallo, piantaggine, piattello, raperonzolo, salvestrella, tarassaco, vitalba, calepina, ramsa, luppolo (cime), valeriana, finocchio selvatico e cacomon. Per la sfoglia 300 grammi di farina, 1 uovo, 4 cucchiai di olio evo, un pizzico di sale e un bicchiere d’acqua tiepida. Prima di mettere in forno a 200 gradi con una forchetta forare la sfoglia superiore e aggiungere ancora un filo d’olio. Esce pronto per essere gustato un piatto povero, che utilizza i prodotti della terra, ma dal sapore autentico e genuino, che deve la sua tipicità alla particolare combinazione degli ingredienti: erbe di origine locale ed ortaggi.
"Mi piace portare nei piatti i sapori e con essi la storia dei nostri prati di campagna - spiega la signora Tilde -. Luoghi con una biodiversità unica grazia a un microclima che permette la nascita di numerose erbe spontanee utilizzabili in cucina".
La prima notizia di torte d’erbe in Lunigiana è contenuta nelle memorie del cronista Giovanni Antonio da Faye (1433), già a quel tempo le torte cucinate con ingredienti di campo rappresentavano il lato “b” dell’alimentazione quotidiana nei mesi delle belle stagioni. Abituati a cibi preparati con la farina di castagno i consumatori potevano cambiare menù grazie alle erbe alimentari. E’ nata così la tradizione tenuta in caldo da chi ha tramandato la liturgia dei raccolti, dei focolari, dei profumi caserecci arrivati sino ai nostri giorni grazie al passaggio di testimone generazionale della cultura culinaria locale.
Natalino Benacci