Firenze, 27 maggio 2022 - «Ma lei è il figlio di Armando Picchi?». Gli occhi di Karl Heinz Rummenigge, il grande bomber di Bayern, Inter e Germania Ovest, si illuminano quando gli presentano Leo Picchi, il primogenito del capitano della Grande Inter degli anni ’60. Non c’è solo l’ammirazione per un campione («sia orgoglioso, suo padre non è stato un calciatore qualsiasi», gli dice), ma anche un ricordo dell’infanzia e della raccolta delle figurine.
«Non riuscivo mai a trovare la figurina di suo padre - rivela Rummenigge - e una volta vidi che un mio compagno di classe ce l’aveva e gli detti 20 figurine in cambio di quella di Picchi». Un siparietto simpatico avvenuto a Firenze alla Hall of Fame del calcio in Palazzo Vecchio.
E’ un rapporto particolare quello del livornese Armando Picchi con il capoluogo toscano: la sua famiglia è originaria della provincia di Firenze (Cerreto Guidi), a Firenze si è sposato (al Collegio alla Querce) con Francesca Fusco e in riva all’Arno ha chiuso la carriera di calciatore due anni prima della sua morte, il 27 maggio 1971, a 36 anni ancora da compiere.
Quella sua ultima partita da calciatore è la gara dell’apoteosi per il secondo scudetto viola, conquistato nel turno precedente. E’ Fiorentina-Varese del 18 maggio 1969: ai lombardi servono punti per salvarsi, ma i viola vincono per 3-1 e il Varese di Picchi retrocede in B. L’invasione di campo dei tifosi fa finire la partita in anticipo e i dirigenti del Varese pensano a un ricorso. Capitan Picchi, però, con grande sportività, dice che la partita è stata regolare e così dimostra di essere una rarità anche come persona, non solo come figurina.