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Molto soddisfatto Stefano Marrini per aver portato a termine la 47esima Parigi-Dakar con la Can-Am Maverick X3 assieme a Matteo Lardori

“Impresa dura, con problemi sempre risolti e con l’obiettivo di arrivare sempre in fondo senza mai guardare la classifica”

dakar

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Arezzo, 20 gennaio 2025 – Complimenti vivissimi e grazie per aver rappresentato al meglio la scuderia in quella che da sempre è la gara più dura al mondo. È quanto il presidente Tiziano Brunetti e la Speed Motor sentono di dire a Stefano Marrini, l’aretino che ha sostituito il portacolori rossonero Christiano Gabbarrini nella 47esima edizione della Parigi-Dakar che si è appena conclusa. Per il 50enne pilota di Cesa, frazione di Marciano della Chiana, la settima partecipazione personale (a distanza di cinque anni dall’ultima) alla lunghissima maratona motoristica è stata coronata dal raggiungimento del principale obiettivo: al volante della Can-Am Maverick X3, con navigatore Matteo Lardori di Montalcino, è infatti riuscito a portare a termine la grande impresa in terra di Arabia Saudita, iniziata venerdì 3 gennaio a Bisha e conclusa venerdì 17 a Shubaytah, per un totale di 7700 chilometri nei quali deserto e rocce l’hanno fatta da padroni, con tutti gli imprevisti e i rischi che possono capitare in ogni momento. Nella classifica finale, Marrini e Lardori si sono piazzati al 26esimo posto di categoria con il tempo complessivo di 145 ore 37’02”, ma si tratta di dettagli: “E’ certamente da considerare una vittoria per me e per Lardori – ha commentato un soddisfatto Marrini, mentre stava preparando le valigie per tornare in Italia – perché a noi interessava arrivare fino in fondo e ci siamo riusciti. Sappiamo benissimo quanto sia difficile farcela: io stesso ero sempre stato finora costretto al ritiro, con il top raggiunto nell’edizione in cui mi ero fermato all’undicesima giornata. Stavolta, però, è andata: abbiamo gareggiato senza mai guardare la classifica”. Attraverso i social, la Speed Motor ha tenuto una sorta di diario giornaliero su Marrini e Lardori, evidenziando come in ogni circostanza le strategie fossero mirate a condurre in porto la singola tappa e in questo il grande merito va attribuito anche a chi ha lavorato per rimettere a posto la Can-Am nelle sue varie componenti, perché alla ripartenza del giorno successivo la vettura fosse a posto. Ci sono stati giorni più duri rispetto ad altri, magari anche a livello fisico? “Senza dubbio, i primi 5-6 – risponde Marrini – e debbo dire che sono stati veramente duri, poi nel prosieguo ci siamo abituati: guidare sulle dune di notte è un compito arduo, ma è stato un banco di prova forte anche sul piano mentale, oltre che fisico: erano cinque anni che non tornavo alla Dakar e mi sono subito accorto come il livello generale sia sensibilmente cresciuto”. Il tracciato? “Impegnativo e selettivo. Ci siamo ritrovati persino con 20 centimetri di sabbia nell’abitacolo e di polvere ne abbiamo respirata, non dimenticando i tanti problemi che però, piano piano, abbiamo risolto, compresa la circostanza nella quale ci siamo ritrovati senza batteria e abbiamo potuto contare su chi ci ha dato una mano nel riaccenderla. Anche gli interruttori spesso non funzionavano a causa della terra che si era infiltrata. Fino alla tappa conclusiva, il timore che un qualcosa si potesse rompere non ci ha mai abbandonato; alla fine, comunque, abbiamo avuto ragione noi: la missione è andata finalmente a compimento ed è questo ciò che conta più di qualsiasi altra cosa”. Si deve dunque a Stefano Marrini il merito di aver fatto iniziare nel migliore dei modi il 2025 agonistico della scuderia Speed Motor, orgogliosa di aver portato il logo del puma nella carovana della gara unica al mondo: la ineguagliabile Parigi-Dakar.