Roma, 4 aprile 2023 – Il futuro dello sport italiano passerà anche dal rinnovamento degli impianti. Gli Stati italiani sono mediamente vecchi, con un basso livello di manutenzione, una qualità visiva pessima e una partecipazione di pubblico nettamente inferiore a quella di paesi come la Germania e l'Inghilterra. È quanto emerge dal volume “Il futuro degli stadi in Italia”, realizzato su progetto di Luigi De Siervo, da Marco Casamonti e Massimiliano Giberti e presentato oggi nel Salone d’onore del Coni, al Foro Italico, alla presenza tra gli altri del ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi e del Presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini.
“Un dato importante che ci fa riflettere sulla nostra situazione: l’età media dei nostri stadi è di 68 anni in Italia. In Germania l’età media è di 38 anni, in Inghilterra di 35. Vuol dire che i nostri stadi sono vetusti e non sono adeguati. Un altro dato importante su cui riflettere: in Italia gli stadi di proprietà dei club - o con una lunga concessione d’uso - sono il 24% considerando le squadre di serie A e di serie B, in Germania e l’Inghilterra in entrambi casi siamo oltre l’80%”, è il commento dell’architetto Marco Casamonti che ha realizzato il restyling della Dacia Arena di Udine, il nuovo stadio nazionale di Tirana e sta ultimando il viola park della Fiorentina. “All’estero più che in Italia gli stadi sono un patrimonio delle squadre - spiega -. E qual è la conseguenza di tutto ciò? La partecipazione del pubblico alle partite in Italia si attesta intorno al 50% della capienza, la Germania arriva al 70%, l’Inghilterra al 90%”.
“Molti stadi in Italia hanno ancora la pista di atletica leggera intorno al campo di calcio. Questo fa sì che i tifosi soprattutto nelle curve siano molto lontani dalle azioni di gioco, la distanza fra il pallone e il tifoso può arrivare a 180 metri e questo condiziona in maniera grave la qualità dello spettacolo visivo. - continua Casamonti - senza considerare che molti non hanno ancora la copertura di tutte le gradinate e questo espone i tifosi alle intemperie”. “Secondo il nostro studio - prosegue Casamonti -, ben 13 dei 20 stadi delle squadre di serie A viene utilizzato soltanto 20 volte l’anno, e qui sta la differenza fondamentale con la gran parte degli stadi di Inghilterra e Germania dove gli stadi riescono a ‘vivere’ per 365 giorni l’anno”.
“Segnalo - conclude l’architetto Casamonti - un’ultima grande questione: molti stadi italiani di proprietà pubblica hanno gravi carenze nella manutenzione, il che ovviamente si complica ancora di più le cose, vista l’età avanzata di molte di queste strutture”.