I Pfas (molecole utilizzate contro oleo-repellenza, trattamenti antimacchia, resistenza termica e alla corrosione) sono presenti nel 79% dei campioni di acqua potabile analizzati da Greenpeace Italia nell’indagine indipendente "Acque senza veleni". L’organizzazione ambientalista, che tra settembre e ottobre scorsi ha raccolto campioni in 235 città di tutte le regioni (in Umbria il prelievo è stato fatto in 4 fontanelle: Perugia, Foligno, Terni e Narni), ha presentato ieri a Roma la prima mappa della contaminazione da Pfas nelle acque potabili in Italia. Al netto del numero differente di campioni analizzati per ogni regione, è possibile avere un’indicazione della diffusione della contaminazione su scala regionale considerando il numero di campioni contaminati rispetto al totale analizzati. Le situazioni più critiche si registrano in Liguria (8 campioni contaminati su 8 analizzati), Trentino Alto Adige (4/4), Valle d’Aosta (2/2), Veneto (19/20), Emilia Romagna (18/19), Calabria (12/13), Piemonte (26/29), Sardegna (11/13), Marche (10/12) e Toscana (25/31). Considerando il parametro di legge "somma di Pfas", ovvero la somma di 24 molecole il cui valore, a partire dal gennaio 2026, non dovrà superare 100 nanogrammi per litro, i comuni con le concentrazioni più elevate sono risultati Arezzo (104,3), Milano (90,1) e Perugia (57), seguite da Arzignano, Comacchio, Olbia, Reggio Emilia, Ferrara e altre. Il capoluogo ha dunque valori più alti rispetto alla media, ma sempre nei limiti. Il prelievo è stato effettuato in una sola fontanella pubblica cittadina, così come nelle altre tre città umbre.
Da notare come i valori di terni, secondo greenpeace, siano nella norma, mentre un’indagine di Arpa di alcune settimane fa aveva rilevato alcune criticità. Utilitalia, federazione che associa le imprese che forniscono i servizi idrici a circa l’86% della popolazione italiana, spiega però che gestori "sono impegnati nell’adozione sistematica dei piani di sicurezza dell’acqua, implementati secondo le linee guida dell’Istituto superiore di Sanità-ministero della Salute, che consentono di valutare e limitare i rischi sull’intero ciclo dell’acqua potabile ed individuare gli interventi eventualmente necessari per garantire la sicurezza per i consumatori. È il caso di molte sostanze che, come i Pfas, possono essere presenti nell’ambiente; per esempio, sono stati misurati persino nelle piogge in aree remote e nei ghiacci polari". E dunque il sistema dei gestori "è costantemente impegnato a salvaguardare la qualità dell’acqua che distribuisce, pertanto bisogna assolutamente evitare allarmismi che possano suggerire comportamenti non razionali come quello di non bere acqua del rubinetto. La classe delle sostanze fluorurate comprende migliaia di molecole, profondamente diverse tra loro, con proprietà chimiche, tecniche e tossicologiche diverse e che sono ricomprese nella famiglia dei Pfas e dei sottoprodotti".