
Il mercato dei prodotti senza glutine fa gola. Negli ultimi anni la vendita degli alimenti per celiciaci ha avuto una crescita a doppia cifra, ma c’è purtroppo chi avrebbe tentato di truffare il servizio sanitario regionale, facendosi rimborsare prodotti non erogabili oppure vendendo alimenti gluten free e facendoli pagare alla Asl anche a chi non ne aveva diritto.
A scoprire la presunta truffa – la prima del genere in Umbria – è stato il Comando provinciale della Guardia di Finanza, in un’indagine iniziata nel 2018 e che è in via di conclusione coordinata dal capitano Roberta Schiavulli, comandante della Compagnia del capoluogo umbro.
I finanzieri perugini dunque al termine di un’articolata indagine, hanno denunciato il titolare di una società di Corciano, responsabile di avere messo in atto una vera e propria "truffa finalizzata a fruire di specifici rimborsi previsti per agevolare le persone che soffrono di celiachia" scrivono le fiamme gialle.
Come funzionava la presunta truffa? Va premesso che ogni malato celiaco dispone di un "buono" o voucher mensile della Asl che varia da 90 a 110 euro che può essere speso per una serie di prodotti alimentari specifici (ad esclusione per esempio di quelli freschi come pane, pizza o pasticceria oppure birra senza glutine). Secondo la ricostruzione della Finanza di Perugia, la società in questione – che nel frattempo ha chiuso la propria attività –, era regolarmente accreditata presso la Usl Umbria 1 e richiedeva i rimborsi previsti dalla normativa di settore, certificando di avere venduto prodotti gluten free che, "in realtà, non erano mai stati ceduti ai malati. In alcuni casi, il beneficio è stato chiesto anche per prodotti venduti a soggetti che non avevano diritto ad alcun rimborso", a persone non celiache insomma.
A completamento del quadro, l’azienda in questione riconosceva in alcuni casi ai proprio clienti – sempre secondo le Fiamme Gialle – degli “abbuoni” o sconti e delle agevolazioni vietate dalla normativa di settore, "concedendo agli acquirenti (quelli veri) dei vantaggi indebiti che, di fatto, potevano essere considerati una forma di concorrenza sleale nei confronti di altre attività" come ad esempio le tante farmacie che hanno questo tipo di prodotti.
Secondo quanto appurato fin qui dalla Finanza le somme indebitamente richieste dalla società alla Asl ammontano a 330 mila euro relative alla vendita (in certi casi mai avvenuta) di più di 63 mila prodotti. "Accertamenti svolti nella Usl 1 inoltre hanno permesso di corroborare gli esiti delle indagini" precisano le Fiamme Gialle.
L’indagine, materialmente svolta dalla Compagnia di Perugia sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Perugia, ha portato alla contestazione, in capo al titolare dell’impresa, del reato di truffa ai danni dello Stato, per il quale si rischia fino a 5 anni di reclusione.
Michele Nucci